Spesso ripercorro le orme di mia nonna Fedora, arrivata in Abruzzo dalla Calabria, insieme alle sue quattro sorelle, aveva incontrato Valentino, un muratore che lavorava nei cantieri a Roma e quando tornava al paese lavorava la sua terra, dove aveva piantato ortaggi, verdure, meli, peri e noccioli.
Si erano sposati e avevano avuto sei figli, cinque femmine e un maschio: Anna, Luisa, Lugina, Pasquale, Marcella e Maura.
I miei nonni Fedora nel cerchietto a sinistra e Valentino a destra, il giorno del matrimonio della figlia maggiore, Anna |
Lasciava lievitare l'impasto sufficiente a fare cinque o sei filoni nella madia, coperto con un telo di cotone pulito sul quale adagiava una vecchia coperta di lana. Quando i filoni, che aveva formato e sistemato su una tavola di legno lunga quasi due metri, dopo la lievitazione erano pronti per la cottura chiedeva l'aiuto di Luigina (la mia mamma), che era la più alta delle cinque figlie, e insieme trasportavano sulla testa, da casa fino al forno, la tavola con il pane da cuocere. Alla fornaia doveva pagare qualche lira o lasciarle come pagamento uno dei filoni, ma siccome la farina era un bene prezioso, farli costava fatica e le bocche in casa erano otto, non pagava mai in "natura".
Il pane di nonna Fedora era quello scuro, fatto con la farina integrale e con il sale aggiunto all'impasto: il pane tipico de l'Aquila.
Prima di andare a casa di mia madre a trovarla, mia nonna chiamava e per telefono le diceva: "Non ti offendere, ma il pane me lo porto da casa, che lì non lo sanno proprio fare". Non che il pane a Rieti non sia buono, ma a differenza di quello abruzzese non ha sale nell'impasto, e si mantiene fresco mooolto di meno.
Quando si parla del buon pane di una volta spesso ci sembra solo una frase fatta, ma quando si gusta la differenza tra un pane tradizionale e un pane gommoso, che secca in poche ore, ci si accorge che quella frase non è per niente retorica.
Il pane di una volta a l'Aquila era fatto con farina quasi integrale o integrale, macinata di fresco o da pochi giorni, con lievito naturale a pasta acida e quindi a lievitazione lenta, in modo tale da permettere una completa trasformazione delle proteine in aminoacidi, con lo sviluppo di alcuni acidi secondari in grado di ampliare la gamma delle sensazioni gustative e di mantenere una consistenza ed una fragranza ottimale della pasta. Poi, la cottura lenta al forno a legna e l’utilizzo di varietà di grano locali o di farine miste e cioè con cereali diversi, faceva il resto. Il risultato era un pane fragrante che ti "riempiva la bocca", morbido, sostanzioso e quindi ne bastava poco per saziare; pieno di sapore e serbevole per diverse settimane.
In Abruzzo esistono tante varietà di pane. Nella zona montana dell'Aquila i tipi più diffusi sono quello integrale (o scuro), semi integrale (o semi scuro) e quello con le patate. Oggi si trovano gli stessi tipi di pane di una volta, ma, quasi nessuno utilizza il lievito naturale, né le farine macinate fresche, e il prodotto ne perde.
Per preparare questo pane ho cercato di seguire le orme di mia nonna, la quale, come vi raccontavo anche nel post sulla focaccia con il lievito madre, utilizzava già questa "tecnica" - chiamiamola così - di lievitazione, pur non conoscendo le caratteristiche chimiche della lievitazione acida rispetto a quella fatta con il lievito di birra. Ho utilizzato inoltre l'acqua de L'Aquila e la farina integrale. L'unica differenza, forse, rispetto a quello di nonna Fedora, è che io non sono dovuta andare a cuocerlo nel forno comunale, ma ho potuto farlo comodamente a casa. ^_^
E' stato il pranzo mio e di Ale sabato scorso, mentre eravamo andati a fare una "gita fuori porta" al lago di Campotosto: un panino con due fette di mortadella appena tagliata tra due fette di questo meraviglioso pane... poesia pura!
Pane integrale con lievito madre
adattata dal blog Pan di pane
per il prefermento
120g di lm solido
130g di acqua
110g di farina integrale
per il pane
300g di di prefermento (come sopra)
400g di farina integrale
200g di acqua di rubinetto fredda
1 cucchiaino di zucchero
12g di sale
Il giorno prima, rinfrescate, come d'abitudine, il vostro lievito (se volete approfondire l'argomento lievito madre e cosa si intende per rinfresco, vi rimando a questo post, dove troverete tutto).
24 ore dopo il rinfresco, prelevate la quantità che vi occorre per panificare, nel mio caso 120 grammi, quindi lasciatelo a temperatura ambiente in modo che i batteri si riattivino.
Preparare il prefermento almeno 10-12 ore prima, impastando il lm solido con l'acqua e la farina integrale, coprendo poi la ciotola con pellicola per alimenti e riponendolo in un luogo tiepido, al riparo dagli spifferi. Trascorse le 12 ore, dovreste avere un prefermento come questo, bello attivo, pronto per essere trasformato in pane. Ecco il mio dopo 15 ore.
Sciogliete nell'acqua dell'impasto lo zucchero e il prefermento. Aggiungere a pioggia la farina alla quale avrete mescolato il sale, e amalgamate per un paio di minuti, fino a che il liquido non sarà assorbito tutto completamente.
Lasciare riposare a campana (ovvero appoggiato sul piano di lavoro coprendo l'impasto con una ciotola capovolta) per circa 40 minuti.
Fare due serie di "pieghe a tre" a distanza di 30 minuti l'una dall'altra, allargando con le dita l'impasto a forma di quadrato e ripiegando i lati verso la parte centrale dell'impasto come se stessimo piegando una lettera, prima in una direzione poi nell'altra.
Lasciare riposare ancora 30 minuti e dare la forma alla pagnotta con una piega a fazzoletto ( allargare delicatamente l'impasto come fosse un quadrato, riportare i 4 angoli verso il centro, si formeranno altri 4 angoli, riportate anche quelli al centro unendoli assieme come per chiudere il fazzoletto).
Possono servire 5-7 ore dall'inizio dell'impasto. Ecco come si presentava il mio pane prima e dopo la lievitazione (dopo 5 ore dalle pieghe).
Ribaltare la ciotola con l'impasto sulla placca che avrete cosparso di semola rimacinata, massaggiate l'impasto con una mano per distribuire bene la farina rimasta attaccata in eccedenza.
Eseguire i tagli con una lametta ed infornare in forno già ben caldo a 240°C , dove avrete lasciato una teglia metallica (ormai rovente) per generare il vapore: per fare ciò gettate sopra la teglia un mezzo bicchiere d'acqua e chiudete lo sportello del forno.
La cottura totale è di un'ora.
Dopo 15-20 minuti abbassate la temperatura a 220°C.
Dopo altri 20 minuti abbassare a 200°C e a 10 minuti dalla fine create lo spiffero (bloccando lo sportello del forno con un cucchiaio di legno) per far fuori uscire il vapore e l'umidità.
Una volta sfornato far raffreddare su una gratella metallica.
Tagliare a completo raffreddamento.
Pane bellissimo!
RispondiEliminaMentre leggevo questo post... mi sembrava, in alcuni stralci, di leggere un po' del mio passato.. una nonna calabrese con tanti figli trasferita al nord Italia e un'altra nonna che vicino Rieti... e posso dire che il suo pane, quando lo cuoceva nel suo forno a pietra, fatto con pasta madre e il grano del nonno, era un po' insipido, ma era buono e conservato nel canovaccio e in una sacco di iuta, durava quasi una settimana!
Questione di palato riguardo al gusto, a me piace cambiare quindi mangio ogni tipo di pane,ma le materie prime di qualità fanno la differenza sempre!
Bel post..
A presto!