martedì 19 dicembre 2017

BE MERRY AND BRIGHT! 🎅

Sono lontana da questi schermi in questo periodo, ma non smetto di lavorare per il mio spazio.

Infatti ci saranno alcune novità a partire da Gennaio e non vedo l'ora di parlarvene.

Intanto vi auguro di trascorrere un sereno Natale insieme alle persone che amate, e di salutare questo 2017 in allegria! Che il 2018 sia un anno migliore di quello che sta per concludersi.

Un abbraccio,

Eleonora

martedì 24 ottobre 2017

DOLCE E IMPREVEDIBILE: UNA DEDICA SPECIALE E I CANNONCINI DI SFOGLIA PER L'MTC N.68

Da piccola, quando mi chiedevano "a chi vuoi più bene: a mamma o a papà?", con l'ingenuità dell'infanzia rispondevo "a tutti e due uguali, ma un pochino di più a papà".
Che ci vogliamo fare.. d'altronde si sa, le femmine sono le cocche del papà. 

Crescendo la complicità con mia mamma però è andata via via aumentando. Che vuoi, la passione per la cucina, la cura della casa, i segreti per smacchiare il bucato.. tutto ha contribuito a consolidare un vincolo forte come solo i vincoli di sangue possono essere.

Quando un giorno qualunque dello scorso marzo sono scesa a casa dei miei per sbrigare alcune commissioni per il matrimonio e ho visto mamma rannicchiata sotto le coperte, pallida, dolorante, con gli occhi vuoti, senza la solita forza, senza quel piglio un po' battagliero di chi ne ha passate tante nella vita, mi sono seriamente preoccupata.
Le prime avvisaglie c'erano state qualche mese prima, continui forti dolori all'addome, inappetenza, spossatezza, ma dopo una visita in pronto soccorso l'avevano rimandata a casa con un "signora lei non ha nulla".
E invece era solo l'inizio di un percorso in salita.

Il ricovero, gli accertamenti, le lotte per convincerla a mangiare ogni giorno un cucchiaio di minestra in più. 
Portare avanti come se niente fosse i preparativi per il matrimonio è stata dura. Ad oggi ancora mi chiedo come io possa aver fatto. 

Casa-ospedale, ospedale-casa, casa-ospedale, ospedale-casa. 

La diagnosi che ci è piovuta addosso come una doccia gelata, quando sei già in mezzo alla neve, senza cappotto.
Poi l'operazione, le notti in ospedale con lei, la stanchezza, le cene saltate, le telefonate a cui rispondere e in cui ripetere le stesse parole, pesanti, difficili.

Oggi, a quasi sei mesi dalla sua operazione, è pressoché alla fine del ciclo di chemioterapia.
E' stanca, dimagrita, coi capelli più radi e più corti, ma ancora non ha perso quel piglio battagliero che l'ha sempre contraddistinta.

Nonostante tutto, è ancora lei.
Sempre la stessa che: 
-"che ti posso portare?"
- "niente mamma"
- "veramente ti ho preso SOLO un po' di fagioli freschi, così li puoi congelare"
- "va bene mamma, grazie".

E poi si presenta a casa con tre buste della spesa piene all'inverosimile.

Questi dolcetti li dedico a lei, alla mia mamma. Dolce come la crema bavarese alla vaniglia del maestro Iginio Massari e imprevedibile come quello strato di croccante alle mandorle che ti arriva all'improvviso. E ringrazio Francesca, terzo giudice della sfida n.68 del MTChallenge, per avermi dato la possibilità di trasformare tutto questo in qualcosa di positivo, di buono, come i suoi cannoncini.


 Cannoncini di crema bavarese alla vaniglia con croccante di mandorle


Cannoncini con mousse di cioccolato fondente all'acqua e dulce de leche salato


Ricetta e procedimento per la sfoglia sono di Francesca, e li riporto integralmente (sul suo blog, ci sono foto dettagliate utilissime per le pieghe). In rosso le mie annotazioni.

per il panetto

350 g burro
150 g farina 00

per il pestello

350 g farina 00
150 g burro
20 g sale (io 10g)
Malto (facoltativo) g 10 - io stesso peso di miele millefiori
Acqua fredda g 50
Vino bianco secco g 60

Per prima cosa ho provveduto a preparare il panetto. Si può fare a mano su un piano, su una spianatoia o con l'aiuto della planetaria usando la foglia.
Ho utilizzato il burro ancora freddo di frigorifero e l'ho amalgamato con la farina.
Il composto non va lavorato troppo a lungo, deve essere omogeneo ma il burro deve mantenere una discreta plasticità. Fatto questo ho modellato il panetto dandoli una forma quanto più rettangolare possibile e l'ho avvolto in pellicola alimentare e riposto in frigo per un’ora e mezzo.

Nel frattempo ho preparato il pastello inserendo la farina e il burro in planetaria munita di gancio e impastando con i liquidi; l'acqua fredda con il sale disciolto all'interno e il vino bianco secco freddo anch'esso. Si può fare anche a mano, distribuendo all'interno della farina disposta a fontana gli altri ingredienti ed impastando con i liquidi manualmente.
A questo punto ci troviamo difronte ad un bivio: alcuni sostengono sia bene lavorare molto l'impasto altri invece che sia meglio lavorarlo poco, lasciandolo un po' grezzo poiché saranno le stratificazioni successive, dovute ai passaggi dei vari giri e stesure a rendere l'impasto liscio e perfetto. Io seguo questa seconda strada, perciò lavorate l'impasto quel tanto che basta ad ottenerlo compatto anche se leggermente grumoso.


Ho avvolto l'impasto nella pellicola e l'ho fatto riposare in frigo per mezz'ora. Si può lasciare anche fuori dal frigorifero, in verità fate come preferite, personalmente preferisco i riposi al fresco. Trascorso questo tempo ho ripreso l'impasto e l'ho steso con il mattarello cercando di darli una forma rettangolare fin da subito. Tenete a mente che durante la preparazione la forma rettangolare va mantenuta il più possibile affinché non ci siano sovrapposizioni di pasta e non si rischi di ottenere una sfogliatura troppo disomogenea, ricordate anche che durante tutti i passaggi della lavorazione il mattarello e il piano andranno sempre leggermente spolverati di farina, per evitare che la pasta si attacchi.
Ho steso la pasta allo spessore di 1 cm circa e ho steso anche il panetto freddo, disponendolo tra due fogli di carta forno e dandoli inizialmente dei colpi con il mattarello fino ad abbassarlo e poi quando appare di nuovo lavorabile con il mattarello in maniera classica fino a che non è della solita altezza del pastello ma di metà lunghezza, in modo tale che una volta poggiato nella parte centrale della pasta sia possibile ricoprirlo con i due lembi di pasta.


A questo punto mantenendo i lati aperti in alto e in basso ho eseguito il primo giro a 3, portando la parte alta verso il centro e ricoprendola con quella in basso in modo tale da ottenere tre strati di pasta sovrapposti ed ho steso la pasta. Subito dopo ho eseguito la prima piega a quattro, ho ribaltato il lato inferiore e quello superiore verso il centro e poi ho chiuso a libro la pasta, in modo tale da ottenere quattro strati. Ho messo in frigorifero a riposare per 45 minuti circa. Una volta ripreso l'impasto l'ho steso, sempre in forma di rettangolo, mantenendo il lato chiuso alla mia destra. La pasta sfoglia si stende sempre nel solito verso, lato aperto davanti,lato chiuso a destra, e sempre lavorando il più possibile in verticale ed aggiustando via via in orizzontale.

A questo punto ho eseguito tutti i giri, sono ancora 4 in totale, 2 a 3 e 2 a 4, alternandoli e intervallandoli dopo ogni giro con riposi in frigo di 20-30 minuti.
Una volta eseguiti tutti i giri la vostra sfoglia sarà pronta per essere cotta, deve fare solo un ultimo riposo in frigo di minimo un'ora. Io come già detto lo lascio proprio dormire tutta la notte.

Ecco la mia sfoglia alla fine dei giri di pieghe.





formatura e cottura dei cannoncini - sempre dal blog di Francesca


Ho ripreso la pasta sfoglia, ne ho tagliato un pezzetto (la pasta è molta perciò a meno che non vogliate fare tantissimi cannoli ve ne avanzerà anche per altre preparazioni) e l'ho steso alto circa 1cm, poi ne ho ricavate tante strisce larghe circa 1,5 cm che ho arrotolato sullo stampo per cannoli, via via sovrapponendo leggermente la parte di striscia che andavo arrotolando su quella già arrotolata. In molte ricette questo passaggio non prevede alcuna spennellatura, io invece preferisco spennellare appena con uovo sbattuto la parte interna della striscia prima di arrotolarla per avere una maggiore stabilità della forma in cottura. Ne ho realizzati di due tipi, aperti da entrambe le parti a forma di piccolo cannolo e chiusi da una parte e aperti dall'altro a forma di piccolo cannone o cornucopia. In sostanza non cambia niente, solo la forma dello stampo sul quale vengono arrotolate le strisce di pasta.
A questo punto ho passato i cannoli in frigo per 15 minuti e una volta ripresi, li ho spennellati in superficie con uovo sbattuto (cosa che io ho dimenticato la prima volta, e si vede perché i miei cannoncini sono pallidi), ho spolverato con zucchero a velo e li ho lasciati cuocere in forno statico a 190° per 15/20 minuti circa.


Sfornate e lasciate raffreddare completamente prima di rimuovere gli stampi altrimenti i cannoncini si romperanno. 

Qui avevo dimenticato di pennellare con il tuorlo prima di spolverare di zucchero a velo e andare in cottura, infatti i cannoncini sono rimasti abbastanza pallidi
Questi invece sono stati pennellati con albume e spolverati con zucchero a velo prima della cottura, ed infatti sono belli coloriti.
Una nota dal blog di Francesca: i cannoli a contatto con le farciture andrebbero isolati per evitare che si ammorbidiscano e si bagnino a causa dell'umidità; se noi li facciamo artigianalmente e li consumiamo subito non andremo incontro a questo problema e non sarà fondamentale isolarli ma se decidiamo di preparali con largo anticipo o nel caso in cui decidessimo di farcirli con preparazioni a base di gelato allora lo diventa e la strada più semplice a livello non professionale(a livello professionale si isola con burro di cacao, con cacao micronizzato,ecc.) è quella di spennellare l'interno dei cannoli cotti con del cioccolato fuso temperato.
Io li ho farciti e serviti nel giro di un'ora e non ho avuto bisogno di isolarli, ma se prevedete di prepararli con un po' di anticipo, non saltate questo passaggio, mi raccomando.

Passiamo ora alle due farciture che ho utilizzato.

per la crema bavarese alla vaniglia di Iginio Massari, da Non solo dolce, vol.1

250g di latte intero fresco
100g di tuorli d’uovo
150g di zucchero
1 baccello di vaniglia
12g di gelatina in fogli
500g di panna montata

Facciamo una crema inglese portando il latte a bollore sul fuoco. Nel frattempo mescoliamo insieme i tuorli con lo zucchero e i semi estratti dalla bacca di vaniglia. A bollore, togliere il latte dal fuoco e versarlo sui tuorli mescolando con una frusta. Avuto un composto omogeneo, riportare sul fuoco e sempre mescolando raggiungere la temperatura di 82°C. A questo punto trasferire in una ciotola, e raffreddare velocemente in un bagnomaria di acqua e ghiaccio.
Mettere ad idratare la gelatina in fogli in acqua fredda, e montare la panna senza farla rapprendere troppo, mantenendola lucida. Quando la temperatura della crema inglese è scesa sotto i 60°C, possiamo aggiungere la gelatina strizzata sempre mescolando per farla sciogliere completamente, e quando arriva a 30°C, possiamo amalgamarla con la panna, versando un pò alla volta il composto più liquido, cioè la crema inglese, sul composto più denso, cioè la panna, miscelando con movimenti ampi dal basso verso l’alto con un cucchiaio largo in silicone senza smontare il composto. Coprite con pellicola e trasferite in frigo, lasciando riposare la crema tutta una notte. Quindi trasferitela in una sac à poche con la punta che preferite e farcite i cannoncini.

per il croccante alle mandorle (che ho dimenticato di fotografare)

75 g di zucchero semolato,
20 g di mandorle a lamelle.

Scaldate lo zucchero in una padellina antiaderente fino ad ottenere un caramello chiaro. Togliete dal fuoco e aggiungete le mandorle a lamelle. Mescolate con l'aiuto di una spatola in silicone e versate il composto su un foglio di carta forno. Velocemente coprite con un secondo foglio di carta forno e con un mattarello schiacciate il croccante per ottenere un foglio abbastanza sottile - non lo toccate a mani nude perché il caramello è bollente. Lasciate raffreddare completamente.
Con un coltello a lama liscia, ben affilato, ricavate delle strisce larghe 2 cm e lunghe quanto i vostri cannoncini, inserendo ogni pezzo al centro di ogni cannoncino.


per la mousse di cioccolato fondente all'acqua, di Dario Bressanini 


100g di cioccolato fondente - il mio aveva il 29% di grassi (avevo 400g di cioccolato bianco ma solo questo poco e nemmeno tanto eccezionale fondente, mi sono dovuta accontentare)
76g di acqua 

La proporzione cioccolato-acqua è variabile, e dipende dalla quantità di grassi del vostro cioccolato e per avere una buona mousse l'acqua, rispetto al cioccolato, deve aggirarsi sul 34%.
La magia che consente a questa mousse di addensarsi è la lecitina (un ingrediente emulsionante) già contenuta nel cioccolato. Credo sia fantastico avere una mousse spumosa e densa praticamente con solo due ingredienti e zero fatica.
Qui trovate tutte le spiegazioni ben dettagliate, ma in breve la proporzione è:

quantità di acqua= g di grassi * 100 / 34
nel mio caso, acqua = 29 * 100 / 34 => 85 g

Fate fondere il cioccolato in un pentolino dal fondo spesso sul fuoco più piccolo regolato al minimo. Quando sarà ben sciolto, fuori fuoco aggiungete l'acqua tutta in una volta ed emulsionate con una spatola in silicone, cercando di ottenere un composto bello liscio.
Quando il cioccolato è ben emulsionato versate la miscela in una bacinella raffreddata esternamente con del ghiaccio.
Montate con la frusta elettrica per due minuti, quindi fatela raffermare per 30 minuti in frigo prima di inserirla nella sac à poche in quanto appena montata sembrerà molto morbida, ma con il freddo tenderà a raffermarsi: et voilà!

per il dulce de leche salato

200g di latte fresco intero
56g di zucchero
8g di glucosio
1 punta di cucchiaino di pasta di vaniglia
1 punta di cucchiaino di bicarbonato di sodio
1/2 cucchiaino di sale

In una casseruola dal fondo spesso riunite tutti gli ingredienti, tranne il sale; portate a bollore mescolando di tanto in tanto con una frusta.
Lasciate cuocere a fuoco basso finchè la crema diventa color caramello, ci vorranno circa 20 minuti (se fate doppia dose si raddoppia anche il tempo di bollitura). Lasciate raddensare ancora 10 minuti, quindi togliete dal fuoco e quando il composto è ancora caldo aggiungete il sale, avendo cura di scioglierlo per bene con una frusta. Versate la crema in una ciotolina o un barattolo e conservatelo in frigo fino al momento di utilizzarlo.

Per farcire i cannoncini con la mousse fondente e il dulce de leche ho riempito una sac à poche con bocchetta a stella aperta con metà mousse e metà dulce de leche, dividendo i due composti in verticale.


In più mi sono anche divertita a fare una versione destrutturata, con aggiunta di polvere di liquirizia per decorare il piatto e smorzare un po' la dolcezza della crema.


Con questa ricetta partecipo alla sfida n.68 del MTChallenge - e un grazie particolare ad Alessandra e Francesca che mi hanno permesso di aggiornare questo post con la seconda versione dei cannoncini, senza farmi finire fuori gara. 


lunedì 25 settembre 2017

CHITARRA CALAMARI, VONGOLE E PACHINO PER L'MTC N.67

Niente, nonostante i buoni propositi, non ci sono riuscita.
Volevo sfruttare la sferzata di energia positiva della pasta Felicetti e fagioli con polpo e cozze di Viviana Varese, realizzata per il tema del mese; ma si sa, l'uomo propone e Dio dispone. Vi risparmio per ora le lagnanze, che rimando ad un'altra occasione.

Appena letto il regolamento della sfida n.67 del MTChallenge, la pasta con il pesce, di Cristina ho avuto immediatamente due o tre idee sugli ingredienti, primi su tutti i gamberi di fiume. E mi solleticava l'idea di abbinarli alla polvere di liquirizia - magari avrei scoperto che "era una ****** pazzesca", ma nella mia testa era da sperimentare. Mi sono messa in moto, chiedendo a mio padre di rintracciare "quell'amico che ogni tanto ti regalava i gamberi". Niente. Irrintracciabile.
Addio pasta coi gamberi!

Volevo tornare col botto, dopo troppi mesi di stop forzato, spero solo di non fare un botto per terra!
Piano b. Mi sarei lasciata ispirare dal momento.

Arrivata al pescivendolo di fiducia l'occhio mi cade su dei bei calamari. In frigo quei pomodori pachino dell'orto della vicina. Controllo rapidamente che abbia le vongole, che coi calamari e con i pomodori pachino ci stanno da dio, e mi faccio fare due belle porzioni.

Che abbinarci? Spaghetti? Linguine?
No, ci starebbe bene una bella chitarra. Magari all'uovo, ammassata al momento. Con quella farina di grano duro Senatore Cappelli presa a Eataly l'ultima volta e che ho visto giusto ieri in dispensa. 

Ed è così che è nata questa pasta, ricca, ma semplice. La ricchezza della pasta all'uovo unita alla tenerezza del calamaro, appena saltato in padella, alla sapidità delle vongole e all'acidità del pomodoro pachino.
Mi ricorda le mattine d'estate, quando ancora non fa caldo, e sale dalla spiaggia il profumo dell'acqua salata, l'odore della sabbia, la brezza tiepida.
Credo sia per quest'anno la giusta conclusione della stagione estiva. La ciliegina sulla torta.

Chitarra calamari, vongole e pachino


Ingredienti per 4 persone

per la chitarra

2 uova
200g di farina di grano duro Senatore Cappelli
un pizzico di sale
acqua q.b.

per il sugo

200g di pomodori pachino
250g di calamari
300g di vongole - quelle piccole
due cucchiai di olio evo
due spicchi d'aglio
un peperoncino calabrese
qualche foglia di basilico fresco
sale
prezzemolo fresco tritato

Per prima cosa mettete a spurgare le vongole in una ciotola. Copritele con abbondante acqua in cui avrete disciolto un cucchiaio abbondante di sale fino. Coprite la ciotola con un piatto in modo che i molluschi siano al buio. Dimenticatele per due ore - il minimo sindacale è un ora, ma se non volete rischiare di rovinare il piatto con la sabbia residua che si potrebbe trovare all'interno delle conchiglie, non scendete sotto le due ore. Quando saranno trascorse le due ore, scolate e sciacquate le vongole, eliminando quelle rotte.

Pulite i calamari. Separate il corpo dai tentacoli semplicemente tirando questi ultimi. Tastando con le dita, individuate la penna trasparente di cartilagine che si trova all'interno della sacca e tiratela via.
Togliete la pelle con le dita, come se lo doveste sbucciare. Eliminate eventuali interiora dall'interno della sacca aiutandovi con le dita, sciacquandolo poi sotto l'acqua corrente. Qualora fosse presente la sacca dell'inchiostro fate attenzione nel rimuoverla, senza romperla, e tenetela da parte per altre ricette.
Separate i tentacoli dalla testa facendo un incisione con un coltello subito sotto gli occhi per privarli anche del rostro (ovvero il becco del calamaro che non si mangia). Tagliate la sacca ricavandone degli anelli e teneteli da parte.


Passiamo ora a fare la pasta. Disponete a fontana la farina sul piano di lavoro, unite il sale e le uova intere, quindi lavorate fino ad ottenere un panetto liscio ed elastico. Potreste aver bisogno di aggiungere dell'acqua, se così, fatelo mettendone poca alla volta.

Lasciate riposare l'impasto per almeno mezz'ora coperto a campana. Quindi tiratelo con la macchina per la pasta, fino ad arrivare ad uno spessore di 0.3 cm. Quindi passatelo all'accessorio per gli spaghetti alla chitarra. Ancora meglio se avete la chitarra tradizionale. Io "causa trasloco" ce l'ho ancora negli scatoloni.


Passiamo ora a preparare il condimento per la nostra chitarra.
In una padella ampia facciamo rosolare uno spicchio d'aglio con tre cucchiai di olio evo. Quindi aggiungiamo i pomodori pachino interi, precedentemente lavati. Copriamo e lasciamo cuocere a fuoco medio per una decina di minuti.
Nel frattempo, in un'altra padella, dai bordi abbastanza alti, fate aprire le vongole. Mettete sul fondo un cucchiaio di olio e uno spicchio d'aglio. Quando la padella sarà ben calda aggiungetevi le vongole ben scolate dall'acqua. Una volta che tutte le vongole sono aperte, sfumate con mezzo bicchiere di vino bianco e lasciate ritirate il sughino per un paio di minuti a fuoco basso, senza coperchio. Quindi spegnete, trasferite in una ciotola, filtrate la loro acqua di cottura e lasciate da parte le due cose separatamente.


Buttate la pasta, che cuocerà in un minuto. Scolatela al dente ed aggiungetela direttamente alla padella con il condimento. Saltatela bagnando con poca acqua di cottura se necessario.


Spegnete il fuoco, eliminate l'aglio e spolverate con abbondante prezzemolo fresco tritato.
Servite immediatamente.


Accompagnate con un buon bianco ben freddo.

Con questa ricetta partecipo alla sfida n.67 del MTChallenge.


mercoledì 20 settembre 2017

PASTA FELICETTI E FAGIOLI CON POLPO E COZZE DI VIVIANA VARESE PER IL TEMA DEL MESE

Torniamo alle buone e vecchie abitudini.
Il tema del mese del MTChallenge, ovvero un approfondimento fatto di ricette collegate alla sfida in corso. Questo mese la nostra Cristina del blog Poveri ma belli e buoni ci sfida sulla pasta con il pesce.

Il tema del mese è il "pesce stellato", ovvero alcune ricette reinterpretazioni di grandi classici rivisitate da chef stellati.
La mia scelta è caduta sulla pasta felicetti e fagioli con polpo e cozze della chef Viviana Varese del ristorante "Alice" sito a Milano, all'interno di Eataly a piazza XXV aprile - 1 stella Michelin, tanto per dire.


La pasta e fagioli con l'aggiunta delle cozze è un piatto tipico partenopeo. L'accostamento tra legumi e frutti di mare che troviamo nella pasta fagioli e cozze ha origini molto antiche: sono infatti presenti testimonianze che risalgono all'antica Roma, dove già si usava mescolare questo tipo di ingredienti.

I cereali costituiscono una notevole fonte di energia per l’ organismo: di ciò erano ben consapevoli gli antichi, che in tutte le culture li posero alla base della loro alimentazione. Tra i cereali erano considerate anche le leguminose, coltivate su ampi spazi: ceci, lenticchie, piselli, fave, il cosiddetto “fagiolo dall’ occhio”, cicerchie, ecc.

I prodotti ittici erano parte integrante dell’ alimentazione delle popolazioni costiere di duemila anni fa : essi venivano utilizzati da tutte le classi sociali, seppure in maniera differente.
Essi insieme alle uova e ai derivati del latte apportavano proteine animali in una dieta in cui prevalevano legumi e cereali e in cui scarseggiavano le carni, derivanti essenzialmente dalla cacciagione.
Agli schiavi erano destinati i molluschi meno pregiati, come le “balorde”, non a caso conosciute nel Napoletano come le “cozze degli schiavi”.

Da li ad unire in un felicissimo matrimonio fagioli e cozze, il passo è stato breve.

Ma passiamo ora alla rivisitazione di Viviana Varese, che aggiunge, alla già ghiotta pasta fagioli e cozze, il polpo. E dopo averla preparata e assaggiata non mi stupisco che abbia guadagnato una stella Michelin: divina!

Pasta Felicetti e fagioli con cozze e polpo


Ingredienti per 4 persone

Q.B Pepe
Q.B Sale
5 g Basilico
100 g Pomodorini datterini
150 g Fagioli borlotti
150 g Fagioli cannellini
70 g Olio extravergine d'oliva
2 spicchi Aglio
600 g Cozze
600 g Polpo
320 g Pasta

Procedimento

Mettete in acqua fredda per una notte i fagioli separando i cannellini dai borlotti. Prendete una casseruola molto alta e mettetevi abbondante acqua leggermente salata. Portate a bollore, immergete il polpo che avete prima lavato e cuocete per 45 minuti, finché sarà morbido. Conservate l’acqua di cottura.

Prendete una padella e fate un soffritto con olio extra vergine di oliva e lo spicchio di aglio. Quando risulta dorato, eliminate l’aglio, mettete le cozze pulite in precedenza  e coprite con un coperchio. Tenete da parte l’acqua di cottura e mettete le cozze in frigorifero.

Sciacquate i legumi e cuoceteli per circa due ore in due casseruole diverse con acqua e pochissimo sale. Una volta cotti, scolateli e tenete da parte un po’ di liquido di cottura.

Prendete un’altra casseruola, meglio se di ghisa o terracotta, fate un soffritto con lo spicchio d’aglio e mettete i pomodorini tagliati a pezzetti. Fate cuocere per 5 minuti e aggiungete i fagioli. Coprite con almeno due dita di acqua di cottura delle cozze e del polpo. Cuocete per 20 minuti.
Frullate la metà dei fagioli aggiungendo ancora dell’acqua di cottura. Portate a bollore e cuocete la pasta. Se necessario, aggiungete ancora del brodo di polpo. Aggiustate di sale e pepe e mettete il basilico spezzettato.
Terminate la cottura della pasta, aggiungete il polpo tagliato a pezzettoni e le cozze sgusciate.

Composizione del piatto

Servire la pasta e fagioli nei piatti e condite con un filo d’olio extra vergine di oliva.



fonti: gingerandtomato.com
beniculturali.it
italiasquisita.net

Trovate il mio post anche qui, sul sito dell MTChallenge.

venerdì 1 settembre 2017

A VOLTE RITORNANO!

E' proprio il caso di dirlo!

L'ultimo post risale a più di 8 mesi fa.
Il blog nel frattempo è rimasto ad aspettarmi, e lo ritrovo così come l'ho lasciato a Gennaio, dopo il post sui Macaron. Un po' più impolverato magari.

In questi mesi sono successe tante, forse troppe cose.
Alcune mi hanno risucchiato come un vortice, togliendomi il tempo. Altre mi hanno tolto la voglia di mettermi ai fornelli, e non solo.
Forse ve ne parlerò, magari davanti ad un buon dolce, per portare un po' di zucchero per scacciare un gusto amaro che alcune esperienze ti lasciano in bocca.

Siamo al 1 Settembre. Tempo di buoni propositi.

Sto tornando con un anno in più (nonché qualche caccavella in più), una reflex nuova fiammante, e alcuni sogni nel cassetto.
E poi non dimentichiamoci che tra qualche giorno riparte pure l'MTC, e non ho nessuna voglia di perdermelo!

mercoledì 25 gennaio 2017

MACARON FORTI E GENTILI, COME LA MIA TERRA

Pensare ai macaron per la sfida di gennaio del MTC, proposta da Ilaria questo mese, è stata dura.


Gli uomini sanno essere meschini.
La natura forse lo sa essere ancora di più.

Il 24 agosto alle 3:36 ero sveglia. Mi sveglio spesso a quell'ora di notte.
Appena qualche attimo prima che tutto iniziasse a tremare e fare quel rumore orribile che avevo quasi dimenticato. Quello stesso rumore che il 6 aprile di sette anni prima mi aveva svegliato, alle 3:33, mentre ero da sola a casa.

6.3, con movimenti acceleratori fino a 7.4.
Vestirsi mentre tutto intorno trema e fa un rumore infernale, correre giù dalle scale sporche di calcinacci, uscire e vedere persone in pigiama, scalze, le case sventrate, la polvere, l'odore di gas, le sirene, i primi elicotteri.
Il sollievo delle prime chiamate e i messaggi che ti gelano l'anima.

L'Aquila, 309 vittime.
Amatrice, 299 vittime.

E poi Norcia, il 26 Ottobre. 6.5.
Di nuovo.

Nessuna vittima, fortunatamente, ma tanta distruzione, e tanta paura.

Chi, come me, vive in queste zone, non abbassa mai del tutto la guardia. Non più dopo il 6 aprile 2009.

Mercoledì scorso ero al lavoro, ho salutato frettolosamente il cliente, scaraventato le cuffie, preso la giacca e mi sono diretta spedita verso la porta d'emergenza più vicina. Eravamo pochi perché la notte precedente aveva nevicato parecchio e mi aveva dovuto accompagnare Alessandro al lavoro, anche lui rimasto a casa per via della neve.

Una scossa, due scosse, tre scosse. Forti e ravvicinate.
5.4 dice qualcuno accanto a me. Epicentro Montereale.
Nelle situazioni di emergenza riesco ad essere fredda e riflessiva, ho dovuto imparare ad esserlo in tante occasioni nella mia vita, anche da piccolissima.

Poi la slavina su Rigopiano. Un resort splendido, immerso nella natura, che ci eravamo ripromessi tante volte di visitare.

Sul terremoto riusciamo anche a scherzarci tra di noi, dicendo che potrebbe coglierti mentre sei tranquillamente seduto sul water, o mentre sei in spazi chiusi, senza troppe vie di fuga e che in quel caso faresti la fine del topo.
E' la natura. Abbiamo nostro malgrado imparato a conoscerla e tentiamo di conviverci.
Per quanto essa tenti di sconvolgerci, spiazzarci, distruggerci, noi ce la facciamo.
Noi abbiamo le "spalle larghe", come si dice da queste parti.

Ce la faremo anche questa volta. Siamo un popolo testardo, caparbio, che non si arrende.
Primo Levi definì l'Abruzzo "forte e gentile", e a posteriori credo che mai nessuna definizione fu così calzante:

V’a nella nostra lingua, tutta, in sé stessa, semplicità ed efficacia, una parola consacrata dalla intenzione degli onesti a designare molte cose buone, molte cose necessarie: e la parola Forza. Epperò, s’è detto e si dice il forte Abruzzo. V’a nella nostra lingua, tutta, in sé stessa, comprensiva eleganza, una parola che vale a comprendere definendole, tutte le bellezze, tutte le nobiltà è la parola Gentilezza. Epperò, dopo aver visto e conosciuto l’Abruzzo, dico io: Abruzzo Forte e Gentile. Epperò, dopo aver visto e conosciuto l’Abruzzo, ho detto e ripeto io: Abruzzo Forte e Gentile.”

A questo mi sono ispirata nel preparare i miei macaron.
Alla terra d'Abruzzo, dall'entroterra al mare, agli abruzzesi tutti, tenaci e testardi.
Alla forza che impegneremo per farcela anche stavolta.
Alla gentilezza nei confronti degli altri, che non perdiamo mai.

FORTE, alla liquirizia (di Atri), ripieno di ganache montata al cioccolato bianco aromatizzata alla genziana delle nostre montagne - "perché il vero abruzzese s'abbassa solo per cogliere la genziana".

GENTILE, allo zafferano (di Navelli), ripieno di crema di ricotta - di pecora, per noi montanari esiste solo quella - profumata all'arancia e Aurum (di Pescara).

Macaron forti e gentili



per i gusci alla liquirizia, ricetta di Pierre Hermé (per circa 32-35 macaron)

150g zucchero al velo
150g farina di mandorle
110g albumi vecchi (almeno 3 giorni) – divisi in due ciotole da 55g l’una
8g di polvere di liquirizia
una punta di colorante in polvere nero

per lo sciroppo

150g zucchero semolato
50ml di acqua

Vi riporto fedelmente la ricetta di Hermé postata da Ilaria, in rosso le mie annotazioni.

TPT - Tant-pour-tant

Tostate leggermente la farina di mandorle in forno a 150° per circa 10minuti. Lasciate raffreddare completamente.
Passate al mixer la farina insieme allo zucchero al velo per ottenere  una miscela aerea e impalpabile e passate successivamente al setaccio.  
Incorporate i primi 55g di albume crudo al TPT servendovi di una spatola in silicone. E’ necessario amalgamare bene in modo da ottenere una pasta morbida, omogenea e densa.
Se volete aggiungere del colorante, versatelo sugli albumi e mescolate - a questo punto unite la polvere di liquirizia e il colorante agli albumi, e mescolate. Poi uniteli al TPT.

MERINGA ITALIANA

Versate lo zucchero semolato e l’acqua in un tegame dal fondo spesso. Inserite un termometro e cuocete a fuoco medio.  Quando la temperatura arriva a 115° simultaneamente cominciate a montare i rimanenti 55g di albume ad alta velocità. Se, una volta che lo zucchero comincia a bollire, tendesse ad attaccarsi utilizzate un pennello bagnato in acqua fredda e passatelo sui lati (come per il caramello).
Quando il termometro raggiunge i 118° versate lo sciroppo a filo sulla meringa (non ancora completamente montata) avendo cura di farlo scivolare sul lato della ciotola. Continuate a montare per un altro minuto. Poi diminuite la velocità e montate ancora per circa 2-3 minuti o comunque fino a  quando il composto risulterà bello gonfio, lucido e bianchissimo. E la temperatura sarà scesa a 40°C. solo a questo punto la meringa potrà essere aggiunta alla pasta di mandorle.
Volendo aggiungere del colore può essere fatto in questa fase ricordandosi di usare solo coloranti idrosolubili che non smontano gli albumi. Seguendo la mia variazione il colorante è stato già aggiunto al tpt, pertanto non va aggiunto nulla.

MACARONAGE


Incorporate inizialmente una piccola quantità di meringa alla pasta di mandorle e mescolate in modo da rendere l’impasto più fluido. Aggiungete la restante meringa usando una spatola in silicone, mescolando dal centro verso i lati esterni e raccogliendo continuamente l’impasto. Quando il composto comincia a diventare lucido fate la prova del MACARONNER, ovvero l’impasto è pronto quando sollevando la spatola ricadrà sulla ciotola formando un “nastro pesante” che ricade con una certa difficoltà.

Si trovano diversi  video che spiegano molto bene il macaronage, vi suggerisco questo, in particolar modo al punto 4, dal minuto 4.36 al minuto 5.07


Prendete il sac-a-poche con bocchetta liscia da 8-10mm, versate una quantità di composto riempendola fino a metà circa. Spremete bene il composto fino alla fine della tasca, questa operazione è molto importante (in generale, non solo per i macaron) perché eviterà la formazione di bolle d’aria. Chiudete con due o tre giri la tasca e fermatela con una molletta.

POCHAGE

Fissate con un pochino di impasto i 4 lati del foglio di carta da forno alla teglia. Tenendo la tasca verticale posizionatevi a circa 2cm sopra la teglia. Iniziate  a formare dei bottoncini di impasto seguendo lo stampo in silicone oppure il vostro template. Spingete la pasta torcendo ogni volta la tasca di un quarto di giro. Continuate sulle altre teglie fino all’esaurimento dell’impasto.  Picchiettate delicatamente con la mano il fondo delle teglie in modo da uniformare i macaron ed eliminare eventuali bolle d’aria.


CROUTAGE
Lasciate riposare i gusci a temperatura ambiente, da almeno 30 minuti a 2-3hs. Questa operazione è molto importante in quanto serve a creare una pellicola fine, secca e resistente sui gusci, e che diventa poi croccante in fase di cottura. L’umidità solleva il guscio senza screpolarlo e alla base si forma il collarino.
Poiché i tempi di croutage possono variare a seconda della temperatura esterna, per verificare che i gusci  siano pronti per essere infornati, sfiorate delicatamente la superficie di un guscio; la pasta non deve incollarsi al dito.



COTTURA

Infornate a 180° per i primi 2-3 minuti fino a che si forma il collarino e il macaron si solleva leggermente. Dopodiché abbassate la temperatura a 140-150° e cuocete per ulteriori 10-12 minuti.
Le temperature e i tempi di cottura sono assolutamente indicativi e dipendono dal proprio forno.
Solitamente il mio forno cuoce i macaron a una temperatura di 160° in 12 minuti, girando la teglia di 180 gradi a metà cottura. La prima teglia infornata, tuttavia, non mi ha dato i risultati sperati, quindi ho abbassato il forno a 150° prima di infornare la teglia e ho cotto successivamente per 9 minuti.
Sia Hermé che Felder suggeriscono la cottura ventilata, ma a mio parere i macaron colorano troppo facilmente e asciugano in modo eccessivo.
Una volta cotti, togliete la teglia dal forno e fate scivolare il foglio dei macaron su un ripiano fino al completo raffreddamento. E’ importante NON LASCIARE il foglio sulla teglia altrimenti continuerà la cottura.
Staccate i macaron lentamente dal foglio di carta forno  e con l’indice create un piccolo avvallamento che permetterà una farcitura più abbondante. Lasciate i gusci con la parte “piatta” rivolta verso l’alto.

I vostri macaron sono pronti per essere farciti. Oppure potete conservarli in frigorifero fino a 48hs o congelarli. Non sapevo che i macaron potessero essere congelati: è una scoperta piacevolissima in quanto riuscirò a prepararmeli con largo anticipo per Maggio... grazie Ilaria per avermi regalato questa ricetta splendida!
per la ganache montata al cioccolato bianco e genziana

50g panna fresca da montare
12,5g di glucosio o miele
100g cioccolato bianco
100g panna fresca da montare (fredda di frigo)
radice di genziana per l'infusione - o un paio di cucchiai di liquore di genziana

Fate bollire i 50g di panna con il glucosio e la genziana. Tritate il cioccolato grossolanamente e mettetelo nel barattolo del minipimer. Eliminate la genziana e versate la panna calda a filo, filtrandola con un colino a maglie strette, sul cioccolato e lasciate che si sciolga per circa 3 minuti, quindi frullate con il frullatore ad immersione e versate a filo la panna fredda rimasta, continuando a frullare. Lasciate riposare in frigo in un contenitore a chiusura ermetica almeno una notte prima di usarla. Trascorsa la notte di riposo montate con una frusta a filo facendo attenzione a non strapparla (la ganache bianca è molto delicata, basta un secondo in più con la frusta che si trasforma in una cosa grumosa e inservibile).

per i gusci allo zafferano, ricetta di Pierre Hermé (per circa 32-35 macaron)

150g zucchero al velo
150g farina di mandorle
110g albumi vecchi (almeno 3 giorni) – divisi in due ciotole da 55g l’una

per lo sciroppo

150g zucchero semolato
50ml di acqua
0.1 g di zafferano in polvere

Il procedimento è uguale a quello sopra riportato, con la differenza che invece della liqurizia in polvere aggiungiamo agli albumi, prima del TPT, lo zafferano in polvere, senza l'aggiunta di ulteriori coloranti.

per la crema di ricotta e Aurum

200g di ricotta di pecora setacciata
100g di zucchero a velo
la scorza grattugiata di mezza arancia non trattata
due cucchiai di liquore Aurum

Setacciate la ricotta in una ciotola con un colino a maglie strette, se non avete il classico setaccio con il telaio in legno. Aiutatevi con il dorso di un cucchiaio o una spatola di silicone.
Aggiungete lo zucchero a velo, la scorza grattugiata d'arancia e il liquore Aurum - si può sostituire con del Cointreau o del Grand Marnier.
Trasferite in una sac à poche e tenete in frigorifero fino al momento dell'utilizzazione.



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