sabato 10 dicembre 2016

COME PREPARARSI A FARE IL PANETTONE IN CASA CON IL LIEVITO MADRE

Un grandissimo classico della tradizione, immancabile come dolce delle feste natalizie.
Il panettone rientra in quella categoria di dolci chiamati "grandi lievitati"; l'appellativo deriva e dalla lunga e lenta lievitazione che questi dolci affrontano durante la preparazione, sia dal tipo di impasto che è grasso e pesante - perché ha al suo interno una buona dose di burro e altri ingredienti che "appesantiscono" l'impasto durante la lievitazione, come i canditi e la frutta secca.
Li vendono ovunque, di tutte le fogge e a tutti i gusti.

Ma fatto in casa, è tutta un'altra storia, ça va sans dire.
Se poi, come me, avete la fortuna di avere un lievito madre in casa, non avete proprio scuse. Buttatevi a capofitto in questa preparazione. La famiglia, gli amici e chiunque avrà il privilegio di assaggiare questa meraviglia non potrà più farne a meno.

Proprio come mio fratello, che lo scorso anno, finite le feste, mi ha chiesto di fargli "un paio di panettoni di quelli che avevi fatto a Natale.... già sono finiti....". 😋

La preparazione è impegnativa, e lunga. Ma se avete tempo da dedicarvi, buona volontà, pazienza e una planetaria, la riuscita è sicura.
Essendo un impasto complesso, con delle tempistiche da rispettare, bisogna studiare una tabella di marcia, per non entrare poi nel panico dell' "oddio vado di corsa" oppure del "impasto tutto e tra dieci minuti esco".
Vi dico già da ora che la preparazione sarà spalmata su tre giorni circa, dalla messa in forza del lievito madre fino ad arrivare al confezionamento del panettone.
Tranne le fasi di impasto/incordatura, in cui vi consiglio di rispettare le tempistiche indicate nel procedimento; per il riposo i tempi sono flessibili, nel senso che, se per l'ultima lievitazione il panettone impiega 6-8 ore mentre il vostro dopo 8 è ancora lontano dai 2cm canonici dal bordo, dovete attendere che ci arrivi. Questo chiaramente dipende da molti fattori, in primis, la temperatura di lievitazione, ma procediamo per gradi.

Un esempio delle tempistiche di lavorazione è questo, che ho seguito io (chiaramente da adattare alle esigenze individuali):

Giorno 1

ore 8                   - 1° rinfresco del lievito madre (20g di pm + 20g di farina 0 + 9g di acqua);
ore 12                 - 2° rinfresco del lievito madre (20g di pm + 40g di farina 0 + 18g di acqua); 
ore 16                 - 3° rinfresco del lievito madre (20g di pm + 40g di farina 0 + 18g di acqua);
ore 20                 - 1° impasto del panettone e preparazione dell'emulsione.

Giorno 2

ore 8                   - 2° impasto;
ore 16 (circa)      - cottura.

Giorno 3

ore 8                   - confezionamento.

Gli strumenti indispensabili per preparare il panettone in casa:

- Planetaria ( a mano è davvero difficile, solo per gli impavidi!)
- Tarocco
- Pirottino di carta
- Ferri da panettone (o ferri da calza)
- Termometro da cucina
- Bilancia digitale
- Una ciotola ampia
- Contenitore graduato o un bicchiere con le pareti dritte (per la spia di lievitazione)
- Camera di lievitazione che mantenga una temperatura di almeno 28°C (va benissimo il forno con la sola lucina accesa)
- Sacchetto per conservare il panettone

Ora pensiamo agli ingredienti!

Fondamentali, per un buon panettone fatto in casa, sono delle buone materie prime. Non lesinate sulla qualità ed avrete un prodotto eccellente.
Essendo un procedimento lungo che richiede concentrazione, tempo e fatica, scegliere degli ingredienti di scarsa qualità andrebbe ad influire negativamente sul risultato finale e vanificherebbe tutti gli sforzi fatti. Spendete quei 3-4 euro in più e avrete un panettone gourmet.
La farina da utilizzare è una 320-350W, ovvero una farina di forza.
L'impasto del panettone è "pesante" come vi dicevo all'inizio e ha bisogno di una quantità di proteine maggiori affinché i batteri del lievito madre, i lactobacilli, responsabili della lievitazione, abbiano tanti zuccheri da poter "mangiare" per far lievitare un impasto ricco come quello che andremo a fare.
Scegliere quindi una farina con il giusto grado di W è fondamentale. Vi riporto qui sotto, una tabella estrapolata dal blog del maestro Bressanini, La scienza in cucina che indica, per ogni grado di W, i valori di proteine che troviamo indicate nella tabella nutrizionale della farina e unitamente i prodotti da forno per cui ogni farina è adatta.

WFarinaProteineUtilizzo
90/130debole9/10,5Biscotti ad impasto diretto
130/200debole-media forza10/11Grissini, Crackers
170/200debole- media forza10,5/11,5Pane comune, Ciabatte, impasto diretto, pancarré, pizze, focacce, fette biscottate
220/240media forza-forte12/12,5Baguettes, pane comune con impasto diretto, maggiolini, ciabatte a impasto diretto e biga di 5/6 ore
300/310forte13Pane lavorato, pasticceria lievitata con biga di 15 ore e impasto diretto
340/400forte-extra forte13,5/15Pane soffiato, pandoro, panettone, lievitati a lunga fermentazione, pasticceria lievitata con biga oltre le 15 ore, pane per Hamburgher.


Dobbiamo scegliere una farina con valore proteico compreso tra 13 e 15g (per ogni 100g).
Nel sito La confraternita della pizza ho trovato una pagina riassuntiva che contiene le principali marche di farina reperibili in Italia, associato al grado di W, un vero vademecum.

Un'altra nota va fatta sul burro. Il burro è la materia grassa migliore in pasticceria: è naturale e non subisce processi di lavorazione atti ad alterarne le sue caratteristiche; è ricco di elementi indispensabili al nostro organismo come la vitamina A,D,E e K; conferisce al prodotto finito gusto e profumo superiori e ineguagliabili rispetto agli altri grassi; altro fattore molto importante è l’elevata digeribilità del burro pari al 97%, oltre a lasciare il palato pulito ed avere eccellenti qualità organolettiche. Se si utilizza un prodotto di elevata qualità si ha anche la garanzia di una migliore lavorabilità.
Optate per un burro bavarese, se lo trovate, quello leggermente salato o comunque con un burro  ottenuto per centrifuga e non per affioramento, e comunque con una quantità di grassi pari o superiore all'80%.

Il maestro Pignataro consiglia "non comprate burro italiano a meno che non sia Burro Ocelli o un burro ottenuto da centrifuga di panna fresca. Vi consiglio di comprare burri tedeschi/olandesi. Ottima alternativa a buon mercato il burro bavarese in vendita da Eurospin."

La differenza sostanziale, tra burro per affioramento o da centrifuga, è nella lavorazione:
- nel burro da centrifuga il latte appena munto viene inserito all’interno di macchine che sfruttando la forza centrifuga separano la panna dal latte, attraverso questo metodo le proprietà nutritive ed organolettiche rimangono invariate e grazie alla velocità di questa operazione la carica batterica si mantiene particolarmente bassa. Questa lavorazione, adottata principalmente nei paesi nordici, segue queste fasi: Latte – Burro – Formaggio;
- nel burro per affioramento - quello che trovate più comunemente nel banco frigo - la separazione avviene per caduta naturale. Le due componenti presenti nel liquido munto per peso e struttura diverse tendono a separarsi lentamente facendo affiorare in superficie la panna e lasciando sotto il latte. Il tempo necessario per quest’operazione aumenta esponenzialmente la carica batterica che tende a lasciare un sentore di acido. Questa è la tecnica principalmente usata in Italia che a differenza di quella prima è caratterizzata da queste fasi: Latte – Formaggio(Parmigiano/Grana) – Burro.

Altro ingrediente immancabile per la preparazione del panettone classico sono i canditi. Se vi muovete in anticipo, potete prepararli in casa. E' semplice e molto meno complesso di quanto in realtà non si pensi. Trovate tutte le indicazioni per preparare i canditi in questo post dello scorso anno.

Abbiamo la farina giusta, il burro perfetto, i canditi fatti in casa, i pirottini e gli strumenti per la lavorazione, non ci resta che andare a fare la spesa. Per la ricetta del panettone di Fables de Sucre, al cioccolato e arancia, vi aspetto al prossimo post tra qualche giorno.

lunedì 5 dicembre 2016

SOGNANDO IL GIAPPONE: I DORAYAKI

Sono stata letteralmente inghiottita dagli impegni negli ultimi dieci giorni.
Uno su tutti, un corso di formazione che mi permetterà di riprendere a lavorare dopo molti mesi di stop forzato.

Non ho avuto tempo di fare nulla. Figuriamoci fare la spesa o cucinare. Ma il pensiero, si sa, c'è sempre.
E mi girava nella testa il pensiero di quel vasetto di marmellata anko in frigo.. Pensavo a Doreamon, al Giappone e a un viaggio in programma per il prossimo anno...

Come vi dicevo nel precedente post, la marmellata di fagioli azuki viene utilizzata tantissimo in Giappone per le preparazioni dolci. Qualche esempio: daifuku, taiyaki, imagawayaki e dorayaki, i preferiti del gattone blu.  Proprio di questi ultimi vi parlo oggi.

I dorayaki sono dei dolci semplicissimi, che ricordano molto i pancake per forma, sapore e consistenza; sono fatti con una pastella dolce e una volta cotti sono accoppiati due a due farcendoli nel mezzo con una dose generosa di marmellata anko. Un gusto che vi conquisterà!

Una variante, che sta spopolando negli ultimi anni è farcirli con un mix di metà marmellata anko e metà panna montata (non zuccherata): la marmellata combinata con la panna assume una consistenza leggera e un gusto delicatissimo, una vera delizia.

Dorayaki


2 uova a temperatura ambiente
80grdi zucchero a velo
1 cucchiaio di miele
1/2 cucchiaino di lievito
50 ml di acqua
130g di farina 00

In una ciotola sbattete le uova con la frusta per un paio di minuti con lo zucchero e il miele (le uova non vanno montate ma solo sbattute).
Sciogliete il lievito nell'acqua e versatela a filo sulle uova mescolando con una frusta. Aggiungete dunque la farina e mescolate quel tanto che basta a eliminare i grumi, non di più.
Fate riposare la pastella per 30 minuti coprendo la ciotola con pellicola per alimenti.
Dopo il riposo controllate la consistenza dell'impasto e, se necessario, aggiungete un cucchiaino d'acqua alla volta  (massimo 4, non di più) fino ad ottenere una pastella scorrevole, ma non liquida, altrimenti i dorayaki si allargheranno troppo in cottura.

Scaldate ora un padellino antiaderente sul fornello più piccolo a fuoco basso (idealmente a 170 °C, se avete una piastra elettrica ancora meglio!). Ungete il fondo del padellino con un foglio di carta assorbente leggermente unto di olio di semi, asciugandone l'eventuale eccesso.
Per fare i pancake tutti uguali l'ideale sarebbe utilizzare un "measuring cup" da 30 o 40 ml, se non l'avete fate con un bicchierino da caffè o un mestolo piccolo.

Quando
la superficie è ricoperta di bollicine girate e cuocete per una ventina di secondi.
Togliete a quel punto il pancake e lasciatelo intiepidire su una gratella, avendo cura di coprirli con un canovaccio pulito e umido in modo da farli restare umidi.


Quando avete terminato la pastella potete iniziare a riempirli. Accoppiate i pancake due a due, posizionateli sul palmo della mano sinistra - se siete mancini nella mano destra - aperti a libro, farcite al centro con un cucchiaio abbondante di marmellata anko e chiudete, pressando senza schiacciare al centro, in modo che i bordi si sigillino con l'umidità della pasta e al centro resti invece un bel rigonfiamento.


Gustateli con una tazza fumante di tè verde o con una tisana limone e zenzero.

Potete conservare i dorayaki per qualche giorno ben avvolti nella pellicola per alimenti, oppure se volete farne scorta potete sistemarli in una bustina a chiusura ermetica e congelarli. Lasciateli scongelare poi a temperatura ambiente e saranno come appena fatti, ogni volta che ne avrete voglia.

martedì 29 novembre 2016

SOGNANDO IL GIAPPONE: MARMELLATA ANKO

Alzi la mano chi non ha mai visto almeno una puntata di Doraemon, il gattone blu che estraeva dalla tasca sulla pancia ogni genere di ritrovato per aiutare l'amico Nobita.
Io lo adoravo da bambina, non me ne perdevo una puntata, quando ancora lo davano su Super Tre o qualche altro sconosciuto canale regionale.

Forse la curiosità per il Giappone è iniziata a nascere proprio allora.
Si è sicuramente rafforzata nel corso degli anni, specie dopo aver sentito i racconti di un amico di Ale che ci era stato qualche anno fa e lo aveva girato quasi tutto, zaino in spalla.
Per poi consolidarsi durante questi anni di blog, quando ho iniziato a sperimentare ricette orientali e a mettere nel carrello della spesa ingredienti che alcuni definirebbero se non strani, certamente desueti. 
I fagioli azuki, ad esempio, scovati in un negozio bio qui a L'Aquila. Li ho visti e non ho potuto proprio lasciarli lì sullo scaffale...


Sicché, mi sono precipitata a casa e ho cercato immediatamente la ricetta per la marmellata anko.
Che c'azzecca la marmellata con i fagioli e col Giappone? E' presto detto.

Il fagiolo azuki è un legume originario dei paesi asiatici, sebbene poi la sua coltivazione si sia diffusa anche da noi. I fagioli azuki sono utilizzatissimi in Giappone poiché sono alla base di una delle preparazioni tipiche: la marmellata anko, per l'appunto.
A noi "occidentali" suona sicuramente strano mangiare una marmellata fatta con i fagioli, in quanto abituati a quelle fatte principalmente con la frutta, ma vi devo confessare che a me è piaciuta tantissimo e la trovo simile, per gusto e consistenza alla marmellata di castagne.

Con questa dose ricaverete sui 250g di marmellata, da conservare in frigo, all'interno di un vasetto di vetro - esattamente come si fa per la marmellata classica.
Viene utilizzata in una marea di dolci, i più famosi forse sono i Dorayaki (i preferiti di Doraemon, tra l'altro), ma di questo ne parleremo prossimamente.

Marmellata anko


100g di fagioli azuki secchi, tenuti in ammollo per una notte
60g di zucchero di canna
acqua

Mettete i fagioli nella pentola a pressione, copriteli di acqua fredda e portate a ebollizione.
Fateli bollire per cinque minuti a fuoco basso e scolateli, buttando l'acqua.
Ripetete una seconda volta.
Dopo la seconda bollitura i miei fagioli erano già lessati e della giusta consistenza.
La consistenza del fagiolo deve essere soffice, che si sfalda senza fatica schiacciandolo tra due dita.

Se dopo due volte i vostri fagioli sono ancora duri, coprite per la terza volta i fagioli di acqua fredda, mettete il coperchio alla pentola e fate bollire per una mezz'ora a fuoco alto a partire dal fischio - controllate dopo 15 minuti la consistenza, in modo da potervi fermare prima che si spappolino.



Scolate dunque i fagioli lasciandoli un po' umidi, frullateli bene con un minipimer e trasferiteli in un tegame antiaderente.
Se preferite un anko più rustico, dopo aver scolato i fagioli e aggiunto lo zucchero iniziate a mescolare e schiacciare con una forchetta (o uno schiacciapatate) finché non otterrete una crema molto spessa.Se invece preferite un anko più liscio in cui non si distinguano più i pezzettini dovrete setacciare la crema quando non è ancora soda.

Aggiungete lo zucchero e il sale, fate addensare sul fuoco mescolando spesso, non ci vorrà molto, giusto il tempo che lo zucchero si sia sciolto bene. Otterrete una crema molto spessa, e sarà pronta quando tirando su il composto con una spatola non cadrà, ma vi resterà attaccato.
Invasate quando il composto è ancora caldo, fate freddare e trasferite in frigo, dove si conserva come una marmellata.

venerdì 18 novembre 2016

ZIA LINA E IL MONTBLANC


Non era una vera e propria zia. In realtà era una cugina di secondo grado di mio padre, ma per tutti noi era semplicemente Zia Lina.
Vedova, con un unico figlio ormai grande, faceva la sarta da sempre.

A ogni compleanno, natale o pasqua, mi regalava dei "pezzi" per il corredo, quando una tovaglia, quando un asciugamano, un set di canovacci e via dicendo, non si può dire che non fosse una donna pragmatica.
D'inverno non accendeva il riscaldamento, perché la casa era grande e non si poteva scaldarla tutta, quindi accendeva il camino in cucina - e nemmeno sempre - che riusciva anche a scaldare la stanza attigua, il suo laboratorio, sempre pieno di stoffe colorate e ritagli che mi regalava di tanto in tanto per cucire il vestito a qualche bambola.
Non era una cuoca grandiosa, ma per alcune cose non potrò mai dimenticarla.

Fu lei che per la prima volta mi fece assaggiare la crema pasticcera: avrò avuto forse tre o quattro anni, e qualche volta mamma mi affidava alle sue cure alla mattina mentre andava a lavorare. Mentre guardavamo "Lessie" - che chissà perché mi metteva su una grande tristezza - su un piccolo televisore in bianco e nero, venne fuori che non avevo mai assaggiato la crema con le uova e qualche mattina dopo l'aveva preparata appositamente per me.
La sua zuppa inglese: come dimenticarla!! Zuppa di nome e di fatto, era imbevuta con un mix di liquori micidiali fortissimi: rhum, alchermes, vermouth e anice. A noi bambini chiaramente era proibita, salvo un piccolo assaggio che ci lasciava la lingua insensibile per un bel po'!😝

Sempre da lei, per la prima volta, assaggiai il Monte bianco.
Ricordo una montagnetta di panna montata, che ai miei occhi di bambina sembrava racchiudere dei sapori fiabeschi. Quando invece assaggiai quel dolce, che delusione: sotto la panna, insipida, c'era una specie di pappetta marrone farinosa e grumosa. Inutile dire che era stato bollato come una di quelle cose che mai e poi mai avrei mangiato, figuriamoci provato a rifare in casa.

Questo fino a un po' di tempo fa, quando sul sito della AIFB, Associazione Italiana Food Blogger, il calendario del cibo italiano ci ha ricordato che il 19 Ottobre - giorno, tra l'altro, del compleanno di mio padre - è la giornata nazione del Montebianco.
E devo ammettere che leggendo l'articolo e studiando la ricetta, questo dolce semplicissimo ha suscitato nuovamente la mia curiosità.
Così qualche giorno dopo infilavo con nonchalance un sacchetto di marroni nel carrello della spesa e tornata a casa, subito a lessare i preziosi frutti.

La preparazione è semplicissima, non richiede strumenti tecnologici, e necessita anche pochi ingredienti che sicuramente avete già in casa. Provatelo, finché si trovano ancora i marroni (ndr. vanno bene anche le castagne) e questi giorni uggiosi richiedono una coccola in più.

Montebianco
ricetta dal sito AIFB



500g di marroni freschi
90g di zucchero
latte fresco intero
1 stecca di vaniglia
250 ml di panna da montare

in più ci occorrerà

cacao amaro
riccioli di cioccolato per la decorazione - opzionali

Lavate per bene le castagne sotto l’acqua corrente e con un coltellino incidete la buccia.
Trasferitele in una pentola colma di acqua, ponetela sul fuoco e lessate le castagne per circa 30 minuti (10 nel caso utilizziate la pentola a pressione).
Aiutandovi con un coltellino sbucciate le castagne, eliminando anche la pellicina marrone che ricopre il frutto e le eventuali castagne marce o nere - se lo fate quando i frutti sono tiepidi quest'operazione sarà velocissima.
Pesate i frutti, poneteli in un pentolino ed aggiungete tanto latte quanto il loro peso.
Aprite nel senso della lunghezza il baccello di vaniglia, raschiate tutti i semini con un coltellino e aggiungeteli alle castagne. Mescolate cercando di sbriciolare tutto il più possibile.

Ponete la casseruola sul fuoco basso e al momento del bollore coprite con un coperchio, girando di tanto in tanto. Dovranno cuocere per circa 20 minuti, il latte verrà assorbito quasi completamente.
Frullate il composto con il frullatore ad immersione fino ad ottenere una purea densa. Lasciate raffreddare.

Con uno schiacciapatate passate la purea facendola cadere in un piatto da portata (o in coppette monoporzione) e, senza comprimerla, date l’aspetto di una piccola montagna.
Montate la panna e, servendovi di una tasca da pasticceria, decorate come preferite. Aggiungete, infine, una spolverata di cacao e riccioli di cioccolato.


Note:

Se si volesse aggiungere il cacao alla preparazione, unitelo dopo aver frullato la purea di castagne: un cucchiaino raso di cacao amaro in polvere setacciato e un cucchiaino di rum.

La quantità di zucchero varia a seconda del peso delle castagne lessate e pelate. 100 g di zucchero = 250 g di castagne, aumentare di 20 g di zucchero per ogni 100 g di castagne lessate e pelate in più. 350 g di castagne = 120 g di zucchero. Nel caso si utilizzino i marroni diminuire di qualche grammo la dose di zucchero come ho fatto io).







martedì 8 novembre 2016

IL RIMEDIO GIUSTO PER IL FREDDO: CROSTATA SBRICIOLATA ALLE MELE

Non so voi, ma quando fa queste brutte giornate di pioggia, vento, freddo pungente - e stamattina anche una bella spolverata di neve sulle montagne circostanti - mi viene una voglia irrefrenabile di accendere il forno e gustarmi la cucina che si riempie di odori familiari, che ti danno subito un senso di calore e di "famiglia".

La torta di mele, e non è un segreto, è sicuramente uno dei miei dolci preferiti di sempre.
E quindi non avrete difficoltà a credermi quando vi dico che quando qualche mese fa, dopo un pranzo di famiglia, mia zia mi ha detto di avere una ricetta stracollaudata per fare una crostata sbriciolata alle mele, io ero già li pronta con carta e penna in mano per scrivere il tutto e portare a casa con me la preziosa ricetta.

Ancora più preziosa perché dettata da quella zia, autrice della crostata sbriciolata di ricotta e gocce di cioccolato che fa furore con chiunque la assaggi, anche con la suocera che detesta i latticini e i formaggi in generale.
La sbriciolata che vi propongo oggi invece è delicatissima, ottima per accompagnare un tè nero con una fettina di limone: croccante fuori e umida e burrosa dentro manderà in festa le pupille gustative.

Crostata sbriciolata alle mele


per la frolla

400g di farina
100g di zucchero semolato
100g di burro freddo
2 uova medie
8g di lievito per dolci
1 cucchiaino di estratto di vaniglia

un pizzico di sale

per il ripieno

4 mele
50g di zucchero di canna
1 cucchiaino di cannella
2 cucchiai rasi di fecola di patate o di amido di mais

Come prima cosa sbucciate le mele, tagliatele a spicchi e quindi tagliate a fettine ogni spicchio; mescolate i pezzetti così ottenuti delle mele con lo zucchero, la cannella e la fecola (o l'amido) e cuocetele in padella per una decina di minuti a fuoco medio girandole spesso.

Nel frattempo preparate la frolla lavorando il burro freddo con la farina, il lievito, il sale, lo zucchero e le uova leggermene sbattute. Impastate a mano sbriciolando il composto con i polpastrelli per qualche minuto fino ad ottenere delle briciole di medie dimensioni. In alternativa potete lavorare la frolla con la planetaria, utilizzando la foglia.

Cuocete in forno già caldo per 30-40 minuti, finchè la superficie della crostata risulterà ben dorata.
Lasciar raffreddare completamente, sformare e servire.

Un piccolo trucco: se la crostata sembra essersi attaccata alla teglia e non ne vuole sapere di uscire, scaldate leggermente i lati e il fondo della teglia passandoli sul fornello piccolo, al minimo della sua potenza, dopo pochi secondi, provate nuovamente a sformare e... voilà!



venerdì 4 novembre 2016

vade DIETRO... LA LASAGNA! IL NUOVO LIBRO DELL'MTC


Siamo a quota quattro, mica roba da ridere!!
Il quarto libro del MTChallenge è uscito ufficialmente ieri e - alla faccia della sincerità - siamo da 10 giorni primi sulla classifica di Amazon. 
I testi sono a cura di Alessandra Gennaro (ce l'abbiamo solo noi, e ci dispiace per gli altri!), la grafica e le illustrazioni della nostra creativa Mai Esteve (idem con patate come sopra) e le foto di Paolo Picciotto, che è anche il giudice per i premi 30mm nelle sfide mensili del MTChallenge.

L'acquisto del libro sostiene Piazza dei Mestieri, che tanto per rinfrescarvi le idee "ha finalità educative. In particolare intende favorire la preparazione e l’avviamento dei giovani al lavoro, migliorando e innovando i servizi educativi, ponendo attenzione particolare alle politiche di inclusione sociale e alla prevenzione delle diverse forme di disagio giovanile e ai fenomeni di dispersione scolastica.

L’obiettivo è quello di far sorgere centri di aggregazione polivalenti per giovani, introducendo e sperimentando modalità di cogestione dove gli stessi possano accedere a una pluralità di proposte, quali ad esempio quelle inerenti:


l’orientamento
l’inserimento in percorsi di alternanza
la formazione tecnico-professionale
le attività di sostegno al percorso scolastico
le attività culturali
le attività sportive e ricreative.
"

Il costo del libro, edito da Gribaudo, gruppo Feltrinelli,  è di 14,90 euro. Oltre cento ricette, provenienti dalla sfida n. 42 del nostro gioco, con tantissime idee per le lasagne, ma anche per paste al forno, salse, vellutate e molto altro. Lo trovate in vendita su Amazon, sul sito di Feltrinelli e, ça va sans dire, in tutte quante le librerie d’Italia.

A voi una piccola anteprima.



Ecco svelato l'arcano DIETRO tutto questo!


lunedì 10 ottobre 2016

RISOTTO CON RADICCHIO E GORGONZOLA, IN MEMORIA DEI VECCHI TEMPI

La convalescenza prosegue e qui a casa mi trattano davvero con i guanti bianchi.
E siccome ho ben poco da fare, riordino l'archivio del blog, le foto e le ricette che da tempo aspettano di essere pubblicate.

Nel caso specifico, questa aspetta da troppo.
E' della mia amica Selene, mia coinquilina anni fa, che mi ha insegnato ad apprezzare il gorgonzola ed il radicchio: ad oggi mi chiedo come abbia fatto a vivere tutti quegli anni senza mangiarli!
Un giorno disse che avrebbe preparato a me e all'altra coinquilina un piatto speciale, da leccarsi i baffi, e ha mantenuto la parola data.
La macerazione aiuta a eliminare dal radicchio quella punta di amarognolo in più che è gradevole, ma non troppo - faccio outing, le cose amare non sono le mie preferite.

Se avete degli ospiti a cena, e volete stupirli con un risotto, questa è la ricetta giusta.

Risotto con radicchio e gorgonzola



400g di riso per risotti - io Arborio
125g di gorgonzola dolce
1/2 cipolla di tropea
1 cespo di radicchio
1 cucchiaino di zucchero
1 - 1/2 lt brodo vegetale
1/2 bicchiere vino bianco
olio evo
sale
pepe

Prendete il radicchio, pulitelo, lavatelo e asciugatelo per bene, quindi tagliatelo a listarelle e mettetelo a macerare con un cucchiaio di olio, lo zucchero, sale e pepe per una decina di minuti.

In un tegame fate imbiondire la cipolla tritata finemente con un giro d'olio. Aggiungete il riso e lasciatelo tostare per circa due minuti mescolandolo con un cucchiaio di legno per non farlo attaccare. Sfumate con il vino e lasciarlo evaporare.

Aggiungete  un paio di mestoli di brodo e il radicchio, lasciate cuocere aggiungendo il brodo ogni volta che il riso si asciuga troppo e portate a cottura.
Fuori fuoco aggiungete il gorgonzola, mantecate per bene e lasciate riposare il risotto per un istante prima di servire.

Abbinateci un buon vino bianco, che con una punta di acidità accompagna alla perfezione la ricchezza di questo strepitoso risotto.

venerdì 7 ottobre 2016

CAPRESE AL LIMONE E CIOCCOLATO BIANCO

In questi giorni scrivere mi riesce decisamente più facile che parlare o respirare.
Ho subito un lieve intervento al naso - voluto ed aspettato da tempo, chi mi conosce sa - e sono convalescente - e per convalescente intendo trattata come se non fossi nemmeno in grado di tenere in mano la forchetta, tanto per dire - in clinica prima e a casa poi, con mia mamma che gira in casa lustrando a destra e a manca, la mia dolce metà che mi guarda e ride perché dice che sono buffa e tanti amici che mi vengono a trovare per vedere come sto.

Ci vorrà un po' per tornare bella attiva come prima, per ora sto tranquilla, mi godo il riposo e attendo con ansia il momento in cui scoprirò una me che c'è sempre stata, ma era nascosta da qualcosa che non mi apparteneva.

Ho un po' di ricette in archivio, fatte qualche tempo fa, ma che non ho trovato il tempo di sistemare e condividere.
Come questa caprese al limone di Sal De Riso, strepitosamente buona, dolce e agrumata, senza glutine e semplicissima da preparare.
Come moltissimi altri capolavori culinari, la caprese è frutto di un errore commesso nel 1920 dal pasticcere Carmine di Fiore che stava preparando nel laboratorio della sua bottega delle torte alle mandorle; si rese conto solo dopo di aver dimenticato di inserire la dose di farina necessaria.
Il risultato, una torta umida, sofficissima dentro e croccante fuori, stupì lui e chi assaggiò il risultato di quello sbaglio, che venne battezzato in seguito "Torta caprese".

Caprese al limone
di Sal De Riso


per uno stampo da 22cm

200g di mandorle pelate 
120g di zucchero a velo 
1/2 baccello di vaniglia 
30g di scorzette di limone candite 
1 cucchiaio di buccia di limone grattugiata 
180g di cioccolato bianco 
50g di fecola di patate 
5g di lievito per dolci 
5 uova 
60g di zucchero semolato 
100 ml di olio extravergine di oliva
zucchero a velo

Candite le scorze di limone cuocendole in un pentolino insieme a 2 cucchiai di acqua e a 3 cucchiai di zucchero per una decina di minuti.

In una capiente terrina montate e le uova con lo zucchero finchè il volume risulterà triplicato.
Frullate le mandorle pelate insieme allo zucchero a velo e ai semini della bacca di vaniglia nel mixer. Alla miscela di mandorle, aggiungete il cioccolato bianco grattugiato finemente, le scorzette di limone, la scorza grattugiata del limone fresco e la fecola setacciata con il lievito.

Mescolate, versate l’olio a filo, e poi il composto di uova, amalgamando con un cucchiaio di legno o una spatola di silicone fino ad ottenere un impasto fluido.
Versate il composto in una tortiera 22 cm imburrata e spolverizzata con la fecola di patate. Cuocere a 200° per i primi 5 minuti, poi abbassare a 160° per altri 45 minuti o più se necessario (è d’obbligo la prova stecchino).

Lasciate riposare il dolce un paio d’ore prima di toglierlo dallo stampo. Sformate la caprese bianca, poggiatela su un piatto da portata e spolverizzatela con lo zucchero a velo.


giovedì 29 settembre 2016

TORTA RICCA AL CIOCCOLATO VEGAN PER "I LOVE VEGGY" RDA

Come vi raccontavo nel precedente post, ultimamente sto sperimentando molte ricette vegane, con grande soddisfazione.
Dalle polpette di quinoa e zucchine, all'hummus di ceci, ai dolci...
Chissà perché quando uno parla di cucina o di dolci vegani subito l'interlocutore storce la bocca immaginando una massa informe grigia e senza gusto.
Cari amici, mai convinzione fu più sbagliata!

Non solo i dolci vegani non hanno niente da invidiare a quelli ricchi di uova e burro, ma sono buonissimi e bellissimi... e fidatevi, se ve ne mettessi uno sotto il naso, non indovinereste mai che è vegano.

Come un mesetto fa quando provai la torta al cioccolato con le zucchine.
Vi giuro, ero titubante io stessa mentre preparavo l'impasto perché mi preoccupavo che il gusto delle zucchine si sarebbe sentito tantissimo. Quando ne ho proposto un pezzo ad Ale, spacciandogliela come "una delle torte al cioccolato più strane buone sul web", mi tremavano le mani; l'ha addentata e subito ha mugolato di gusto. Nel momento in cui gli ho rivelato l'ingrediente segreto e soprattutto l'assenza di derivati di origine animale non ha battuto ciglio, ma vi posso assicurare che quella torta è finita nel giro di due giorni....

E così, quando la Rigoni ha pubblicato il nuovo contest, dedicato alla cucina vegetariana e vegana le mie celluline grigie si sono messe all'opera. Se mi sono ridotta all'ultimo giorno è dipeso dai vari preparativi per le nozze e per una certa finale che mi ha fatto spostare di qualche centinaio di chilometri. :)

L'idea di inserire la marmellata nell'impasto mi è venuta dopo aver assaggiato un ciambellone fatto dalla mia madrina di battesimo qualche giorno fa: non ho mai mangiato un ciambellone così soffice e umido; il segreto? frutta fresca a pezzi con lo zucchero fatta cuocere in un tegame.. quindi una sorta di marmellata. E la lampadina si è accesa!

Potete utilizzare la confettura che più vi piace, ma utilizzatene una di eccellente qualità perché all'assaggio il gusto si sente tutto e dolce, ovviamente, ne guadagna.
Tra quelle prodotte dalla Rigoni di Asiago c'è l'imbarazzo della scelta, io mi sono fatta tentare da un vasetto di Fior di Frutta alle Prugnole selvatiche.


La torta è fantastica per la colazione o abbinata a un buon thè, perché è umidissima e soffice (ricorda tantissimo il gusto della sacher), ma se volete stupire i vostri ospiti, potete servirla a fine pasto, ovviamente vegan, con un ciuffetto di panna semimontata - vegan pure lei - oppure una pallina di gelato di soia alla vaniglia: figurone assicurato.

Torta ricca al cioccolato - Vegan


50g di cioccolato fondente
40g di cacao amaro in polvere
150g di latte vegetale - io di cocco
60g di olio evo
1 vasetto Fior di Frutta alle Prugnole selvatiche RdA - oppure 250g di marmellata di ottima qualitá
110g di zucchero di canna grezzo
150g di farina 00
10g di lievito per dolci
1 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
1 pizzico di sale

zucchero a velo per la finitura

Mescolate in una ciotola capiente tutte le polveri, setacciandovi poi all'interno il cioccolato.
Sciogliete il cioccolato fondente a bagnomaria e lasciatelo intiepidire.
Iniziate ad incorporare il latte vegetale e l'olio, e mescolate con le fruste elettriche per uniformare il composto. Aggiungete la marmellata e il cioccolato sciolto a bagnomaria, amalgamate affinché il composto risulti liscio e senza grumi.
L'impasto è bellissimo, sembra montato...


Se il vostro impasto dovesse risultare eccessivamente duro (dipenderà dalla qualità di farina che sceglierete di utilizzare, una debole, 170W è perfetta), aggiungete un cucchiaio alla volta di latte vegetale fino a fargli assumere la densità desiderata.

Trasferite il composto in una teglia da 18 cm di diametro precedentemente rivestita con carta forno - io l'avevo terminata e ho provveduto a ungere con uno staccante vegetale prima e infarinare poi.
Infornate in forno già caldo e cuocete a 180° per 35-40 minuti. Fate la prova stecchino, perché l'impasto è bello umido e potrebbe richiedere qualche istante in più in forno.
Se dovesse scurire troppo in superficie coprite la teglia con un foglio di carta d'alluminio.

Sfornate e lasciate raffreddare completamente. Spolverate con abbondante zucchero a velo la superficie e trasferite su un piatto da portata e servite in purezza o accompagnata da un ciuffetto di panna di soia semi montata oppure una pallina di gelato alla vaniglia.


Con questa ricetta partecipo al contest Rigoni di Asiago "I love veggy".


domenica 25 settembre 2016

GNOCCHI AL CACAO CON RAGU' DI AGNELLO PER L'MTCHALLENGE

La aspettavamo tutti da tempo.
Ci voleva il coraggio di Annarita, il terzo giudice per la sfida n.59 firmata MTChallenge, per osare prepararli con lo spirito che contraddistingue da sempre quest'ultimo: scoprire una ricetta, imparare a farla secondo le regole del MTC, provare, assaggiare, riprovare, attendere il giudizio, aggiustare il tiro partendo dai propri errori e dai propri punti di forza.

La difficoltà è stata farli senza l'uovo!
Sono stata titubante fino alla fine: "staranno insieme?", "diventerà un budino informe?", "terranno in cottura?" e in pochi istanti, quando ho visto lo gnocco di prova venire a galla, mi sono resa conto della preziosità di questa sfida.
Per una vita ho seguito sempre la ricetta di mia mamma, che utilizza l'uovo e invece ora sono costretta ad ammettere che si può farne a meno e che vengono anche molto bene.

Mentre impastavo poi pensavo che questa ricetta di base - con un condimento differente, è chiaro - è adatta anche per i vegani... avrò scoperto l'acqua calda, ma per me, che ultimamente mi sono trovata a provare diverse ricette vegane (con molta soddisfazione.. ma di questo vi parlerò nel prossimo post), è stata una rivelazione!

Come vi dicevo nel precedente post, in cui vi raccontavo la mia esperienza a Sweety of Milano, mi hanno regalato tante cosine belle e buone e proprio da una di queste nasce l'idea di questi gnocchi al cacao. Le fave di cacao sono un ingrediente desueto, ma abbinate come in questo caso con il salato danno quel je ne sais quoi che manderà i vostri ospiti in visibilio. Croccanti, leggermente legnose, richiamano il sapore di cacao dell'impasto, il ragù deciso e cremoso avvolge gli gnocchi e crea una vera e propria magia nel piatto.

Gnocchi al cacao con ragù di agnello


per gli gnocchi

600g di patate a pasta gialla del nostro orto
100-140g di farina 00 (quella che raccoglie l'impasto)
20g di cacao amaro in polvere
sale

per il ragout di agnello

500g di polpa d'agnello
1/2 di cipolla
1 costa di sedano
1 carota
rosmarino
salvia
alloro
fave di cacao tostate*
pecorino grattugiato
1 bicchiere di vino bianco
olio evo
sale e pepe

*chi ha letto il precedente post o mi segue sui social sa che le fave di cacao grezze tostate che mi hanno regalato a Sweety erano sparite dalla mia busta, e l'organizzazione - splendida - si sta dando da fare per farmele riavere in qualche modo. Al posto di quelle nella ricetta ho utilizzato un po' di granella di fave di cacao tostate ricoperte di cioccolato extra all'80% leggermente tritate.. un po' più dolci, ma sono un valido sostituto.

Lessate le patate in pentola a pressione intere e con la buccia (il tempo di cottura varia a seconda della vostra pentola, nella mia 8 minuti dal fischio). Una volta cotte, andranno scolate, pelate e schiacciate ancora calde direttamente sul piano di lavoro.
Appena sono tiepide impastatele con il cacao, la farina e un pizzico di sale.


Confezionate gli gnocchi secondo il metodo classico, rigandoli però alla fine con il retro dei rebbi di una forchetta o con un apposito rigagnocchi.


Per il ragout, tritate finemente sedano, carota e cipolla e fateli rosolare con olio evo in una padella antiaderente. Quando la cipolla risulterà bionda aggiungete la carne di agnello tritata a coltello e rosolate.

Sfumate con un bicchiere di buon vino bianco; lasciate evaporare il vino quindi regolate di sale e pepe. Cuocete per 5 minuti, scoperto, a fiamma bassa e poi aggiungetevi le erbe aromatiche tritate finemente.

Buttate gli gnocchi in acqua bollente salata e scolateli non appena salgono a galla. Saltateli quindi nel ragout di agnello aggiungendo una manciata di pecorino grattugiato, e se necessario un po' d'acqua di cottura.
Impiattate gli gnocchi completando il piatto con un trito di fave di cacao grezze.


Con questa ricetta partecipo alla sfida n.59 del MTChallenge.


mercoledì 21 settembre 2016

SWEETY OF MILANO - IL GIORNO DOPO

Eccomi di nuovo seduta davanti al mio pc a scrivere per raccontarvi di questa giornata a Sweety of Milano e della finale del master MTChallenge.
Ci sono volute più di 24 ore di decompressione per riprendermi dal fine settimana appena trascorso, per sistemare tutte le caccavelle che mi ero portata dietro, mettermi in pari con le lavatrici, ma finalmente eccomi qui.

Mentre scrivo il profumo che si sprigiona dal forno, di pane con il lievito madre, mi conforta e mi sprona a raccontarvi com'è andata.


Innanzitutto fatemi ringraziare quel sant'uomo di Alessandro che mi ha accompagnato in questo fine settimana milanese e che si è sorbito pazientemente le mie ansie e i miei sfoghi se la borsa frigo era troppo sballottata qua e là: se non fosse davvero un uomo speciale non lo sposerei mica...

Prima della partenza ho avuto dei problemi con i macaron che non ne volevano sapere assolutamente di asciugarsi durante il croûtage. Purtroppo sia giovedì che venerdì mattina ha piovuto ininterrottamente e c'era un'umidità indicibile.... se non fosse che poi, alle 12:30 per l'esattezza, ovvero appena tre ore prima dell'orario in cui sarebbe partito l'autobus che ci avrebbe accompagnato a Roma, mi sono resa conto che non sarebbero mai venuti bene perché la mattina, nel farli, avevo cannato completamente la dose di albume: 90g invece di 60g, il cielo solo sa come li ho pesati in questo modo.
Dopo una velocissima consultazione con la tutor, Ilaria, alla quale ho promesso una torta dalle fattezze umane a grandezza naturale - alla Buddy Valastro per intenderci - per ringraziarla della pazienza e del sangue freddo con cui mi ha incoraggiato in ogni fase, ho deciso di rifarli anche se il tempo stringeva e ho iniziato a pregare che asciugassero in tempo.
Saint'Onoré, mosso a pietà, deve averci messo del suo infatti li ho preparati, si sono asciugati e sono stati cotti nel giro di un'ora e mezzo.

Il viaggio di andata è stato un po' teso. C'è stato un ritardo dovuto al traffico in autostrada da L'Aquila a Roma e abbiamo rischiato di perdere il treno, ma fortunatamente alla fine ce l'abbiamo fatta. Per non parlare della paura che qualche contenitore nel quale avevo riposto con cura le varie preparazioni per la torta si aprisse o che le basi potessero rompersi: possiamo dire che fino al momento in cui la torta era finita e davanti ai giudici sono stata in apnea.

Le basi non si sono rotte, i contenitori non si sono aperti, perfino i fiori che avevo colto poco prima di partire e riposto in un contenitore sottovuoto sono arrivati perfetti fino al momento di essere posati sulla torta. Perfino i macaron, che mi avevano fatto tanto penare, sono arrivati sani e salvi a destinazione.

Lasciatemi dire che di eventi del genere ne ho visti più di un paio, in giro per l'Italia, e che l'organizzazione che ho visto a Sweety non c'era in buona parte degli altri. Una menzione speciale a Chiara Bettaglio, di DBInformation, che ha seguito il nostro master ed è stata disponibilissima e gentilissima, nonché simpaticissima, e ad Anna Lena De Bortoli, alias Acquaviva, per la redazione di MTChallenge che ha fatto da receptionist, da cicerone, da presentatrice, insomma un vero jolly per l'MTC.

Non è semplice coordinare una "baracca" del genere, ma loro ci sono riusciti, e pure bene!
Le masterclass puntuali - tranne quella del maestro Massari che è andato avanti per il doppio del tempo a sua disposizione, ma egli PUO' e il primo che dice il contrario in ginocchio sui ceci - e ben organizzate, gli stand colorati e ben disposti, le cucine dove venivano preparati i dolci in vendita linde e ben disposte, gli chef pasticceri e i ragazzi di CastAlimenti gentilissimi e simpatici, il tutto in una location d'eccellenza come il Palazzo delle Stelline con la corte interna caratterizzata da un giardino splendido, in cui si sono svolte alcune delle attività che coinvolgevano i big.

Insomma, se non si fosse capito, m'è piaciuto!

La giuria per il nostro master formata da Alessandro Servida e Claudio Colombo è stata attentissima e seria: ha fatto domande, osservato, assaggiato e giudicato, avendo ben chiaro che si trattava di una finale di un master fatto online ma non per questo meno serio. Hanno definito il livello delle preparazioni in generale alto - e forse non se lo aspettavano - e premiato la più bella e la più buona, quella che per stessa ammissione di Servida "metterei su una rivista del settore senza problemi", la Vintage naked di Marianna Bonello del blog Sapori e Dissapori food.



Eccomi a fine gara, mentre finalmente respiro di nuovo e mostro orgogliosa la mia creatura.


L'organizzazione ha premiato Marianna con una copia autografata di "Non solo zucchero vol.1" del maestro Massari più altre cosine, e ha regalato a ognuna delle finaliste una busta carica di belle cose; nello specifico un tappetino Forosil Pavoni e in abbinato una fascia d'acciaio microforata della nuova linea Progetto Crostate, un barattolo di gelatina di albicocche Agrimontana, 12 tavolette di cioccolato fondente 80% Criollo di Domori, una confezione di granella di fave di cacao ricoperte di cioccolato fondente e una confezione di fave di cacao grezze tostate. Ovvero, come fare felice una blogger con caccavelle e ingredienti di qualità - che ovviamente verranno provati a brevissimo!


E se volete leggere il resoconto del MTChallenge di questo primo master, andate qui e preparate i fazzoletti.

giovedì 15 settembre 2016

SONO IN FINALE!


Pochissime righe e pochissimo tempo, perché come si può evincere dal titolo, sono in finale e sto per catapultarmi in cucina per una full immersion di basi, creme, cremette e preparazioni varie!
Il maestro Michel Paquier, le nostre tutor Ilaria e Maria Grazia, insieme ad Alessandra hanno scelto la mia naked cake Allegra e altre quattro torte nude per disputare la finale del primo master MTC a Sweety of Milano, sabato 17 settembre dalle 14 in poi.
Vi aspettiamo a Sweety per la finale, che verrà giudicata da Alessandro Servida e Claudio Colombo.



sabato 10 settembre 2016

BAKE OUT MTC - ALLEGRA, UNA NAKED CAKE PER L'MTC E SWEETY OF MILANO

Siete fra quelli che scelgono un viaggio nella capitale francese non per le romantiche passeggiate sul Lungosenna, ma perché “Parigi val bene un...a mousse”?
Non avete mai saputo come finisce la favola di Biancaneve, perché a “specchio specchio delle mie brame” iniziavate a fantasticare su glasse e coperture?
E siete ancora convinti che il discorso più rivoluzionario del secolo scorso inizi con “I have a cream”?


Allora, non perdetevi Sweety of Milano, la grande manifestazione di pasticceria che si terrà nel capoluogo lombardo il 17 e il 18 settembre, nel corso della quale i nostri Maestri più famosi terranno masterclass a tema, proporranno le loro nuove creazioni, incontreranno il pubblico davanti ad un caffè, in un fine settimana all’insegna della dolcezza e della creatività.


E lì potrei esserci anch'io. Questo è quello che bolliva in pentola e che vi avevo accennato nell'altro post.
Non appena Alessandra ha parlato di un master MTC incentrato sulle naked cake reinterpretate secondo il gusto e la tradizione pasticcera italiana, mi si è acceso il neurone. Siamo state seguite da due tutor splendide, Ilaria e Maria Grazia, presenti e disponibilissime, che ci hanno consigliato e tranquillizzato nei momenti di "oddio, la ganache non è fluida e ora come faccio?!" e guidato fino al primo traguardo, ovvero la pubblicazione sul blog personale della nostra proposta.
Non tutti, ahimè, avranno la possibilità di andare a Sweety of Milano; le nostre tutor insieme ad Alessandra selezioneranno cinque delle venti torte pubblicate, e la giuria sarà presieduta da un giudice d'eccezione: nientepopodimenoché Michel Paquier, della pasticceria Douce di Genova (qui anche la pagina Facebook) - e se vi state chiedendo dove avete sentito già il suo nome, lo avete sicuramente già sentito e visto all'opera a "Detto Fatto", su Rai2.  

Le cinque prescelte saranno presenti a Sweety of Milano il 17 Settembre, esattamente tra una settimana, dove avremo a nostra disposizione una sala per assemblare le torte, tra le 14 e le 15 approssimativamente: nella prima mezz'ora i finalisti termineranno l'assemblaggio delle loro torte (decorazione e ultimi ritocchi), in modo che i giudici possano anche valutare il loro modo di lavorare.; nella seconda mezz'ora, avverrà la premiazione. Il tutto a porte aperte - da qui BAKE OUT! :) 
La giuria sarà presieduta da Alessandro Servida, titolare della pasticceria Alex a Milano; accanto a lui a giudicare le torte ci sarà Claudio Colombo, redattore de Il Pasticcere e Gelatiere italiano. 

E quindi.... eccomi qua! :)


Per la mia proposta ho avuto le idee chiare sin da subito per quanto riguarda la decorazione, mentre il gusto e gli abbinamenti sono arrivati da sé.

Ho scelto una naked leggermente velata di crema al burro alla vaniglia, con una colata di gelée di lamponi ad effetto dripping, arricchita da lamponi freschi, more di rovo, fichi, fiori, meringhe e macaron ripieni di crema ai lamponi.


Al suo interno una torta margherita al cacao di Di Carlo, cream cheese leggera e gelée ai lamponi.

Allegra naked cake



per la torta margherita al cacao di Leonardo Di Carlo, da Tradizione in evoluzione


uova intere 250g
tuorli 200g
zucchero semolato 200g
miele di acacia 25g
buccia di limone 7g *
bacca di vaniglia
sale fino 2g
farina 00 (W 150-160) 133g
cacao amaro in polvere 57g *
fecola di patate 125g
burro fuso a 45 °C 125g

*ho omesso la buccia di limone ed aggiunto il cacao amaro (in proporzione del 30% rispetto alla quantità di farina iniziale - 190g

Unire i primi quattro ingredienti, mescolare e scaldare a 45°-50°C - io ho eseguito quest'operazione a bagnomaria. Questo passaggio, potrebbe essere anche saltato, ma rende la massa molto più stabile e quando andremo ad inserire le polveri tenderà a smontare di meno.

Trasferire in planetaria e montare con la frusta: a metà montaggio (dopo 8-9 muniti), aggiungere a filo i tuorli leggermente sbattuti, continuare a montare, fino ad una massa voluminosa e stabile. Inserire a mano delicatamente la farina setacciata con la fecola e il cacao, prelevare 1/10 di massa e inserire il burro fuso, quindi aggiungere delicatamente al resto della massa, mettere in due stampi da 18 cm di diametro e cuocere subito a forno già caldo a 170-180°, chiuso i primi 10 minuti e fessurato** i successivi per 20-25 minuti.

Una volta sfornate le basi lasciatele freddare completamente, quindi ricavate da ogni base due dischi alti circa 3 cm l'uno e teneteli da parte.

**per forno fessurato si intende con lo sportello leggermente schiuso per permettere al vapore di uscire e rendere la preparazione leggera ed areata; basta inserire una pallina di carta d'alluminio nell'apertura del forno affinché rimanga aperto quel tanto che basta.

per la cream cheese leggera alla vaniglia

200g di formaggio cremoso tipo Philadelphia
300g di panna fresca da montare
120g di zucchero a velo
mezza bacca di vaniglia

Nella planetaria, con la foglia, fate ammorbidire il formaggio cremoso, quindi aggiungete lo zucchero a velo setacciato e la vaniglia e montate a media velocità fino ad ottenere un composto cremoso. A questo punto cambiate la frusta alla planetaria e inserite la frusta a filo.
Con la planetaria in movimento e a massima velocità aggiungete la panna ben fredda a filo e lasciate montare il composto finché diventa ben spumoso.

per il gelée di lamponi

230g di lamponi
85g di zucchero
15g di succo di limone
6g di gelatina in fogli

Mettete a bagno la gelatina in fogli in acqua fredda.
Nel frattempo, in un pentolino, fate scaldare a fiamma bassa la metà della polpa di lamponi che avrete frullato e setacciato, con lo zucchero e il succo di limoni. Aggiungete la gelatina precedentemente ammollata e ben strizzata, amalgamando bene. Unite il composto, fatto intiepidire, al resto della polpa e mescolate. Coprite la gelée con pellicola per alimenti a contatto e lasciate freddare. Utilizzate subito. Se dovesse solidificarsi troppo, potete scaldarla leggermente a bagnomaria per farla tornare fluida.

per la crema al burro alla vaniglia

125g di burro a temperatura ambiente
170g di zucchero a velo
1/2 bacca di vaniglia

Iniziate a lavorare il burro nella planetaria con la foglia. Quando sarà ben cremoso unite i semi di vaniglia e lo zucchero a velo un cucchiaio alla volta. Una volta aggiunto tutto lo zucchero, cambiate l'accessorio della planetaria inserendo la frusta e lasciate montare alla massima velocità per almeno 3-4 minuti. Il composto diventerà chiarissimo e spumoso, vi sembrerà panna montata e non crema al burro. Trasferite la crema al burro in una sac à poche con bocchetta tonda liscia da 10 mm.

per i macaron

60g di albume a t.a.
70g di farina di mandorle fine
90g di zucchero a velo
25g di zucchero semolato
qualche goccia di succo di limone
una stilla di colorante rosa

cream cheese e gelée ai lamponi per farcire

Nella ciotola della planetaria montate gli albumi con il succo del limone, a neve ben soda. Quindi aggiungete lo zucchero semolato in tre volte. A questo punto dovete aggiungere il colorante. Adesso, a mano, con una spatola, aggiungere in tre volte le polveri setacciate molto bene. 
Rivestite di carta forno due o o tre teglie (dipende dalla loro grandezza). Trasferite il composto in una sac à poche con una bocchetta tonda da 8 mm.
Formate sulle teglie dei bottoni con il composto, distanziandoli di circa 3 cm, perché si allargheranno leggermente. Per farli appiattire leggermente, date qualche colpetto sotto la teglia.
A questo punto si lasciano asciugare, per qualche ora, fino al momento della cottura: se sfiorandoli non si attaccano ai polpastrelli sono pronti per il forno.
Cuoceteli a 170° per 12-13 minuti circa, girando la teglia di 180° a metà cottura.

per le meringhe

60g di albume a t.a.
120g di zucchero semolato
qualche goccia di succo di limone

Iniziate a montare con la planetaria gli albumi con il succo di limone ad alta velocità, quindi un cucchiaio alla volta inserite lo zucchero. Lasciate montare per almeno 10 minuti, finchè lo zucchero sarà sciolto completamente e il composto sarà sodo e lucido.
Trasferite in una sac à poche con bocchetta a stella aperta da 8 mm e formate le meringhe sulla teglia rivestita di carta forno. Infornate a forno caldo a 180° e spegnetelo, lasciando lo sportello chiuso finché il forno sarà completamente freddo - per approfondimenti circa il metodo di cottura a forno spento vi rimando a questo post.

Procediamo adesso con l'assemblaggio della torta.
Su un'alzatina posizioniamo la prima base - tenete la base inferiore con i bordi più netti da parte perché diventerà poi la parte superiore - create tutto intorno sul bordo un cordone di crema al burro che servirà a contenere la nostra cream cheese. Quindi farcite con uno strato abbondante di cream cheese e sopra di esso colate un velo di gelée ai lamponi.
Posizionate la seconda base allineandola alla sottostante e ripetete le operazioni: cordone di crema al burro, cream cheese e gelée.
Quando vi sarà rimasta da posizionare solo una delle due basi inferiori che avete tenuto da parte non dovete far altro che girarla sottosopra, in modo che la parte che è andata a contatto con la teglia risulti sopra e chiudere la torta.


Refrigerate per 30 minuti per stabilizzare il tutto.
Dopo il riposo riprendete la torta dal frigo e con la crema al burro stuccatela aiutandovi con una spatola angolata lunga e un tarocco. Se come me disponete di un piatto girevole sarete avvantaggiati, altrimenti ricordatevi di girare spesso la torta per controllare che sia uniforme e dritta. Terminato di stuccarla, con il tarocco messo perpendicolare al lato della vostra torta, esercitando una leggera pressione, uniformate la copertura di crema al burro, in modo da renderla appena velata.  
Quest'operazione è importante perché renderà uniforme la nostra torta anche fuori. Volendo dare un aspetto più minimal alla vostra torta, potete anche decidere di non stuccarla.


Riponete in frigorifero per altri 30 minuti.

Per la decorazione finale colate il gelée avanzato (scaldatelo se necessario) sulla parte alta della torta, livellatelo con la spatola angolata e lasciatelo colare ai lati. Per aiutare questa a colare in maniera regolare potete trasferire il gelée in un conetto di carta forno e aggiungere delle gocce ad intervalli regolari lungo tutta la circonferenza superiore, lasciando che coli da solo ai lati.

Per terminare la torta ho posizionato casualmente sopra delle meringhe, due macaron farciti di cream chesse e gelée ai lamponi - questa volta amalgamati insieme - dei lamponi e delle more fresche, un fico tagliato in quarti, e per finire dei fiori del mio giardino: campanule, violette e  fiori di Viburno.

Ed ecco anche la fetta.



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