Avete letto bene, proprio cafone! Ma non nel senso dispregiativo del termine, fate attenzione.
"Cafone" perché impastato e messo a lievitare senza troppe elucubrazioni mentali, senza badare troppo al capello, alle pieghe, al rinfresco della pasta madre.
"Cafone" in onore delle centinaia di migliaia di mani delle massaie, comprese quelle di nonna Fedora, che hanno impastato chili e chili di farina nel corso della propria vita, senza conoscere le tecniche dell'autolisi, della pirlatura, del lievito solido a fermentazione acida (che poi sarebbe la pasta madre), senza sapere che ogni farina ha una forza differente rispetto a un'altra, senza cestini di lievitazione.
E nonostante tanti "senza" il loro pane ha sfamato generazioni e ha fatto la fortuna (e la felicità) di chi lo mangiava.
Voglio immaginare che il pane della mia nonna fosse così, semplice, dalla crosta croccante e dall'interno umido, con il sentore delle terre calabresi che le avevano dato i natali, con la sapidità dell'Abruzzo che l'aveva accolta e il sapore della farina del mulino di Gigia, macinato a pietra ancora oggi.
Pane campagnolo o "cafone"
di Pat Pan di pane
350g di farina 0
150g di farina integrale
12g di sale
50g di pasta madre solida non rinfrescata, fredda di frigo
450g di acqua appena tiepida
1 cucchiaino di zucchero (o miele o malto)
In una ciotola mescolate le farine setacciate e il sale.
In un contenitore graduato mettete l'acqua, lo zucchero e la pasta madre a pezzetti, frullando con il minipimer per far inglobare più aria possibile.
Versare i liquidi sulle farine e impastare con una forchetta finché l'acqua sarà ben assorbita. Coprire la ciotola con pellicola per alimenti e lasciare l'impasto a lievitare per 9 ore (io ho impastato la sera alle 19 e ripreso l'impasto alle 7:30) al caldo - in forno spento con la luce accesa andrà più che bene.
Ribaltare l'impasto sulla spianatoia ben infarinata con semola rimacinata di grano duro e far prendere un po' di consistenza, lavorandolo con l'aiuto di un tarocco. Formare la pagnotta, cospargerla di semola e metterla su una teglia rivestita con carta forno a lievitare, coprendola con un canovaccio.
Nella ricetta originale il tempo finale di lievitazione era di 5 ore, il mio pane dopo 1 ora e mezzo si presentava già pronto per il forno (tutto merito di Pagnottino, il mio lievito madre, che due giorni fa ha compiuto un anno!).
Cottura a 240° per i primi 20 minuti, e a 220° per altri 20 minuti. Sfornare a lasciar raffreddare su una gratella.
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