Ogni famiglia/paese/città/nazione/popolo ha le proprie irrinunciabili tradizioni, culinarie e non.
Ogni volta che ne scopro una nuova, ne faccio tesoro. Credo sia preziosissimo conoscere il più possibile, e fare il possibile per arricchire il nostro bagaglio culturale.
Come diceva la mia ottima professoressa di Italiano delle superiori "Se non conoscete, sarete sempre alla stregua di chi sta sopra di voi", e quant'è vero! Per questo ci spronava sempre a leggere, qualsiasi cosa, dal quotidiano, all'etichetta del minestrone surgelato, come diceva lei, l'importante era leggere, conoscere e essere curiosi.
La curiosità e il bisogno di leggere e conoscere, fortunatamente, non mi hanno mai abbandonato.
Curiosità che, da quando ho iniziato questo blog, spazia anche nella tradizione culinaria italiana e non. A questo poi, si aggiunge l'appuntamento mensile con l'MTC, che è una fonte inesauribile di conoscenza.
Le amiche di Menù Turistico, sono infatti delle antesignane della diffusione di ricette tradizionali, storiche, internazionali come anche italianissime. Grazie a loro affrontiamo mese dopo mese la sfida con noi stesse, con le nostre capacità fisiche e psichiche capacità e cerchiamo sempre di andare oltre ai nostri limiti.
Grazie a loro ho imparato delle ricette che MAI avrei osato fare: i profiteroles (esattamente un anno fa!), e la temutissima pâte à choux, la crostata frangipane, il budino salato, il gelato fatto in casa e la torta pasqualina.
Questo mese, grazie a loro, scopro un pezzettino della tradizione ebraica, e della cucina Kasher. Una cucina che definire tradizionale sarebbe estremamente riduttivo.
E' una cucina sacra, che segue tutte le regole della Kasherùt.
"..l’osservanza della Kasherùt fa sì che l’anima sia più sensibile a questioni spirituali. Cioè, mangiando ciò che è considerato spiritualmente puro, la nostra parte spirituale rimane anch’essa pura e quindi più “sincronizzata” con la sua Fonte divina.
Così come alcuni cibi sono sconsigliati per il livello del colesterolo, i cibi non Kasher sono sconsigliati per l’anima" (dal blog ravblog.wordpress.com)
Va da se quindi che imparare a fare il pane dolce del sabato di Eleonora di Burro e Miele, non è solo imparare una nuova ricetta per un dolce lievitato, ma consiste nel salire a un livello più alto di conoscenza di ciò che ci circonda e delle tradizioni dei popoli.
La ricetta va rispettata alla lettera, e soprattutto non vanno aggiunti ingredienti non consentiti.
Non possono essere infatti aggiunti latticini, poichè la Kasherùt prevede che il sabato si consumi carne, e non si possono abbinare i latticini con la carne, in nessun modo, si possono però utilizzare i sostitutivi, quali latti di soia o riso e derivati, e altri prodotti esclusivamente a base vegetale; la farina scelta può essere solo di frumento, orzo, segale, avena e farro (sulla base delle prescrizioni rituali); possono essere utilizzati ripieni come: frutta di stagione, frutta secca, fiori ed erbe, spezie, confetture (prive ovviamente di componenti non kasher), miele, creme (per la preparazione delle quali si rispettino le regole per i latticini di cui sopra), e anche si al cacao amaro e al cioccolato, ma solo se fondente; inoltre, non è possibile omettere i semi sulla superficie, poichè sono parte della ricetta tradizionale, si possono però scegliere vari tipi: sesamo, papavero, zucca ecc.; assolutamente vietati vini e liquori.
Pane dolce del sabato con mele, uvetta e cannella
500 gr di farina 0
2 uova medie (circa 60-62 gr con il guscio)
100 gr di zucchero
20 gr di lievito di birra
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 gr di sale
100 gr di uva passa
1 mela renetta
cannella q.b.
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di sesamo
Io ho impastato con il Ken, con il gancio.
Per prima cosa bisogna sciogliere il lievito nell'acqua tiepida e con un cucchiaino di zucchero, e lasciar riposare per 10 minuti, fino a che si formerà una schiumetta. Poi si setaccia bene la farina, quindi aggiungiamo ad essa lo zucchero e il sale.
Con il gancio impastatore in azione, aggiungiamo prima tutti i liquidi e poi un uovo alla volta fino a completo assorbimento. L'impasto sarà pronto quando si stacca dalla ciotola, lasciandola pulita.
Con questa dose potrete realizzare due pani, da farcire a piacere. Io uno l'ho farcito con mele, uvetta e cannella, e ho spolverato la superficie con i semi di sesamo.
Per prima cosa ho preparato la mela renetta: ho tolto la buccia e il torsolo e l'ho fatta a pezzetti, quindi l'ho lasciata caramellare con un cucchiaio di zucchero e il succo di mezzo limone in una padella, finchè non era cotta a metà.
Poi ho formato la treccia secondo il procedimento di Eleonora: "lasciar lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiare l'impasto e tagliarlo in due parti uguali. Tagliare poi ognuna delle parti in tre.
Stendere su un piano infarinato ognuna delle parti lunghe circa 35 centimetri e larghe 15. Spargere il ripieno su ognuna delle 3 parti. Io ho messo l'uvetta e le mele, spolverando poi con la cannella.
Arrotolarle poi sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lungi "salsicciotti", unirli da un capo e cominciare ad intrecciare".
Arrotolarle poi sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lungi "salsicciotti", unirli da un capo e cominciare ad intrecciare".
A questo punto possiamo lasciare la treccia così com'è o darle una forma tonda, come ho fatto io in questo caso. Una volta pronta, si mette su una teglia unta d'olio (non burro mi raccomando, ricordatevi la regola dei latticini!) e si lascia lievitare per altre due ore.
Prima di infornare si sbatte un tuorlo d'uovo con un cucchiaio d'acqua e si pennella la superficie, spolverando poi con i semi di sesamo.
Infornare per 15-20 minuti a forno rigorosamente STATICO e già caldo a 200°.
L'ho fatta due giorni fa, ed è ancora morbidissima e profumata: tiepida da il meglio di se, grazie alle mele e alla cannella: se siete amanti come me delle torte di mele, andrete in brodo di giuggiole.
L'impasto è favoloso! E' leggero più di un pan brioche (in tutti i sensi, perchè non c'è burro), è fragrante e non si sente per niente quel retrogusto di lievito presente in alcuni lievitati, ed inoltre è sofficissima!
Pane dolce del sabato con gocce di cioccolato extrafondente
Con la seconda parte dell'impasto ho fatto un secondo pane dello Shabbat. Una treccia ripiena di gocce di cioccolato extrafondente.
Quindi rispetto alla ricetta di prima, avremo bisogno anche di:
gocce di cioccolato q.b.
una manciata di mandorle a lamelle
Il procedimento per inserire il ripieno e fare l'intreccio è lo stesso, come anche restano invariati il modo e i tempi di lievitazione (la seconda) e cottura.
L'unica cosa che cambia, rispetto all'altro è che ho cosparso la superficie con le mandorle a lamelle, prima di infornare.
proposte davvero profumatissime e classiche Eleonora, che fanno venir voglia di assaggiarne una bella fetta.. Siamo felici di riuscire a stuzzicare la tua voglia di sapere , la tua naturale curiosità con il nostro gioco: anche per noi è una fonte inesauribile di nuove conoscenze tecniche e non e di stupore per la vostra bravura senza fine! Grazie e a presto
RispondiEliminaDaniela
Mia cara omonima... :-) Gran bel post che ringrazio profondamente. E gran bella treccia...soprattuto quella tonda, quella con le mele e l'uvetta perchè è quella dei ricordi più belli per me. Sai una cosa che mi piace molto? Che sei per ora l'unica ad averla fatta tonda senza usare uno stampo per ciambellone, a regola d'arte! Brava!
RispondiEliminaBellissime entrambe, grande Eleonora!!! (sarà il nome? ^^)
RispondiEliminaMia cara omonima.... :-) uno spettacolo tutte e due.
RispondiEliminaLa prima tonda e ripiena di morbidezza, la seconda con la sua scoperta amara ma non troppo.
Mi piacciono entrambe e si sommano a tutte quelle DA RIFARE.... e pure presto!
Nora
quanti commenti! non ci sono abituata :P
RispondiElimina@Daniela:super profumate, e si, ve ne offrirei volentieri una bella fettona.. se non che, ahimè, sono finite XD
@Eleonora Colagrosso: Cara omonima grazie per aver trovato il tempo di passare anche da me! Si piace molto anche a me la forma che è venuta. Avrei voluto provare un intreccio più complesso, ma la tonda mi sembrava richiamare ancora di più la tradizione di cui parlavo più su! grazie per la meravigliosa ricetta: non la mollerò più! :)
@Mapi: è un piacere leggerti qui "a casa mia". Si forse è il nome che ci guida sotto una buona stella. Tra l'altro si dice che una delle origini del nome Eleonora sia dall'ebraico El, "Dio", e nur, "luce", quindi "Dio è la mia luce"... e dopo aver scoperto la bellezza di un pezzettino delle tradizioni ebraiche, non può che farmi ancora più piacere portare questo nome.
@TataNora: egregia omonima, grazie! in effetti ho un post pronto, mi spiace per l'altra nostra eccellente omonima. Una l'ho regalata oggi pomeriggio a mia zia, e devo dire che non ne è rimasto che il ricordo: ce la siamo pappata con il the delle 5. :)